Post by Maurizio Pistoneho l'impressione che quei pezzi di corda sarbbero stati più pericolosi
della fiammata
Un vecchio libro di G.Rosai pubblicato poco dopo la morte di
Ancillotto, è intriso di retorica oltre ogni limite, ma riporta
l'articolo di un giornale dell'epoca dei fatti (Giornale del Mattino)
assai più ragionevole nei toni e sostanzialmente credibile.
Le circostanze dell'episodio sarebbro queste:
1) La missione per abbattere il "Draken" era composta da Ancillotto e
da tre gregari di scorta, necessari perché l'aerostato era sorvegliato
da caccia austriaci (Ancillotto stesso ne aveva abbattuti altri nei
giorni precedenti.
2) Mentre i suoi gregari ingaggiavano i cacci nemici Ancillotto si
distaccò dalla mischia e si lanciò alla massima velocità in picchiata
verso l'aerostato che si trovava ad una quota di circa 400 metri.
3) In seguito alla brusca manovra si trovò costretto a lanciare i suoi
razzi a distanza ravvicinatissima (20 metri addirittura, dice il
giornalista, che però sembra basarsi sulla testimonianza diretta del
pilota, anche se su questo non cita le sue precise parole) tanto che
non potè evitare di traversare il relitto in fiamme e la nuvola
dell'esplosione.
4) Ancillotto così descrive la situazione « E' la morte - pensai -
spensi il motore, chiusi gli oc- chi, ed attesi. Un attimo appena, e
poi un urto ed uno schianto, una vampata sul viso, ancora una
resistenza infranta e poi la serisazione spaventosa de! vuoto. Riaprii
gli occhi, ero a poche decine di metri da terra, riaccesi il motore,
rispondeva: provai i comandi, funzionavano; cercai di cabrare quanto
piii fosse possibile l'apparecchio, la manovra riusci; ed allora
soltanto ebbi la sensazione del nuovo pericolo, da1 basso venivano su
rafiiche di fucileria; detti una occhiata alle ali temendo che mi
mancasse il sostegno, esse tentennavano come se fossero spez- zate, e
portavano brandelli di stoffa che lì per lì non riuscii a comprendere
da dove si fossero staccati. Ma le ali reggevano; l'elica girava e
l'aeroplano, sehbene lentamente, riusciva a ri- prendere quota ed a
portarsi sulle linee italiane. Qualche mi- nuto dopo scendevo al mio
carnpo, senza ancora rendermi ra- gione di quel che era accaduto ».
5) L'articolo prosegue dicendo che <<Il velivolo di Ancillotto aveva
attraversato il « drago » in fiamme, l'elica roteando aveva squarciato
un lato del pallone, e le ali avevano portato dietro brandelli
dell'involucro. Nel- l'urto le ali si erano spezzate al centro
rimanendo unite soltanto per il supporto della mitragliatrice, e la
violenza fu tale che l'apparecchio potè forare anche la parete
opposta, liberandosi dalla massa ardente clie precipitava al suolo
trascinando i due osservatori che erano nella navicella e che non
fecero in tempo a gettarsi col paracadute. Al campo Ancillotto ebbe
feste liete per la bella vittoria e per la vita, miracolosamente
salvata; i resti dell'involucro del « drago » furono distribuiti agli
aviatori: durante l'urto tragico i tre aeroplani che scortavano
Ancillotto abbatterono un velivolo austriaco. L'aviatore che ha
riportato nella sua audace impresa, lievi ustioni agli occhi, ha
ricevuto un solenne encomio da1 Duca d'Aosta >>
Insomma parrebbe che l'aerostato avesse perso la sua integrità
strutturale ma offrisse ancora una certa resistenza, magari dovuta a
pezzi più grossi di tela.
Certo la vicenda avrebbe dell'incredibile se non fosse così tanto
testimoniata e l'aviatore ha avuto anche un'enorme fortuna, ma d'altra
parte non si entra nella leggenda facendo cose normali.
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... e il pensier libero, è la mia fé!