Bhisma
2017-10-12 09:50:34 UTC
I sommergibili italiani furono un vanto del regime, e non solo
canzonettistico, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale.
In effetti la flotta sommergibilistica italiana era, almeno sulla
carta, una delle più forti al mondo all'epoca, mentre la tradizione in
questo senso della Regia Marina era notevole: il sommergibile
"Delfino", un prototipo risalente all'ultimo decennio del 1800 era
decisamente innovativo per i suoi tempi, tanto che dopo opportune
ristrutturazioni potè ancora avere impiego operativo durante la Ia GM,
venendo radiato solo dopo la fine di essa. Mentre in generale la Marina
Italiana venne considerata decisamente adeguata se non all'avanguardia
nel campo sommergibilistico duranta la Ia GM stessa.
Eppure, i risultati bellici concreti furono sostanzialmente deludenti:
[I 164 sommergibili in servizio con la Regia Marina affondarono (nel
Mediterraneo, NdB) dal giugno 1940 al settembre 1943 solo dieci unità
militari (tra cui quattro incrociatori, un cacciatorpediniere e un
sommergibile) per 23 000 tonnellate di dislocamento e 12 mercantili per
39 000 tonnellate di stazza; per converso i 62 U-boot tedeschi
causarono tra il settembre 1941 e il settembre 1944 l'affondamento di
37 unità militari (tra cui una nave da battaglia, due portaerei, tre
incrociatori e 10 cacciatorpediniere) per 146 000 tonnellate di
dislocamento e 95 mercantili per 331 000 tonnellate di stazza] [1]
Lasciamo da parte per favore le solite assurde considerazioni su
"valore", "tradimento" eccetera: le perdite dei sommergibili italiani
in azioni di guerra furono enormi, 88 nel solo Mediterraneo, 40 negli
altri settori [2] numerose furono le medaglie d'oro al v.m. e imprese
come quelle dello Scirè -- che portò a destinazione i "maiali" che
affondarono Queen Elizabeth e Valiant nel porto di Alessandria -- e
altre meno note che tralascio per brevità, portano ad escludere cause
del genere. I motivi devono essere sostanzialmente altri.
Tra le cause propriamente tecniche di inferiorità dei sommergibili
italiani trovo elencate da varie fonti, in comparazione con gli U-boot
1) Velocità di superficie troppo ridotta
2) Torrette troppo grosse e facilmente avvistabili
3) Tempi di immersione troppo lenti
4) Motori troppo rumorosi in immersione
5) Siluri ad aria compressa che lasciavano vistose scie che le
rendevano facilmente evitabili
6) Scafi troppo grandi
7) Impianti di condizionamento a cloruro di metile, che potevano
rilasciare esalazioni tossiche con relativa facilità. Questo condusse
letteralmente a una falcidia dei nostri sommergibili operanti nel Mar
Rosso, dove il raffreddamento continuato era vitale.
8) Non trovo specifici riferimenti a conseguenze di sfondamento dei
codici militari sul tipo di "Ultra" ed "Enigma" per le operazioni dei
sommergibili italiani, ma leggo che nei primi tempi di guerra il
"Galilei" venne catturato nelle acque antistanti al porto di Aden
perché costretto appunto dalle esalazioni di cloruro di metile, e che
l'equipaggio semiavvelenato non riuscì a distruggere i codici che
caddero in mano inglese [3]
Tuttavia, questi mi sembrano argomenti non marginali, ma comunque
insufficienti a spiegare l'insuccesso dell'arma sottomarina italiana
durante la IIA GM, specie considerando la numerosità della stessa e la
sua alta concentrazione nel Mediterraneo, dive il suo impiego avrebbe
potuto teoricamente risultare decisivo nella "battaglia dei convogli".
*Suppongo* ci fossero deficienze nell'impiego anche, nella tattica,
nella dottrina, nell'addestramento, nel coordinamento con la
ricognizione e via dicendo... ma non ne so abbastanza per dare un mio
giudizio in proposito, e preferirei rimandare la questione a chi ne
sappia più di me e voglia eventualmente intervenire in proposito.
[1] Fonte wikipedia , che però qui cita Bragadin "La marina italiana
nella seconda guerra mondiale"
[2] Fonte sito ufficiale della Marina Militare Italiana
[3] http://silenthunter.forumfree.it/?t=44034968
canzonettistico, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale.
In effetti la flotta sommergibilistica italiana era, almeno sulla
carta, una delle più forti al mondo all'epoca, mentre la tradizione in
questo senso della Regia Marina era notevole: il sommergibile
"Delfino", un prototipo risalente all'ultimo decennio del 1800 era
decisamente innovativo per i suoi tempi, tanto che dopo opportune
ristrutturazioni potè ancora avere impiego operativo durante la Ia GM,
venendo radiato solo dopo la fine di essa. Mentre in generale la Marina
Italiana venne considerata decisamente adeguata se non all'avanguardia
nel campo sommergibilistico duranta la Ia GM stessa.
Eppure, i risultati bellici concreti furono sostanzialmente deludenti:
[I 164 sommergibili in servizio con la Regia Marina affondarono (nel
Mediterraneo, NdB) dal giugno 1940 al settembre 1943 solo dieci unità
militari (tra cui quattro incrociatori, un cacciatorpediniere e un
sommergibile) per 23 000 tonnellate di dislocamento e 12 mercantili per
39 000 tonnellate di stazza; per converso i 62 U-boot tedeschi
causarono tra il settembre 1941 e il settembre 1944 l'affondamento di
37 unità militari (tra cui una nave da battaglia, due portaerei, tre
incrociatori e 10 cacciatorpediniere) per 146 000 tonnellate di
dislocamento e 95 mercantili per 331 000 tonnellate di stazza] [1]
Lasciamo da parte per favore le solite assurde considerazioni su
"valore", "tradimento" eccetera: le perdite dei sommergibili italiani
in azioni di guerra furono enormi, 88 nel solo Mediterraneo, 40 negli
altri settori [2] numerose furono le medaglie d'oro al v.m. e imprese
come quelle dello Scirè -- che portò a destinazione i "maiali" che
affondarono Queen Elizabeth e Valiant nel porto di Alessandria -- e
altre meno note che tralascio per brevità, portano ad escludere cause
del genere. I motivi devono essere sostanzialmente altri.
Tra le cause propriamente tecniche di inferiorità dei sommergibili
italiani trovo elencate da varie fonti, in comparazione con gli U-boot
1) Velocità di superficie troppo ridotta
2) Torrette troppo grosse e facilmente avvistabili
3) Tempi di immersione troppo lenti
4) Motori troppo rumorosi in immersione
5) Siluri ad aria compressa che lasciavano vistose scie che le
rendevano facilmente evitabili
6) Scafi troppo grandi
7) Impianti di condizionamento a cloruro di metile, che potevano
rilasciare esalazioni tossiche con relativa facilità. Questo condusse
letteralmente a una falcidia dei nostri sommergibili operanti nel Mar
Rosso, dove il raffreddamento continuato era vitale.
8) Non trovo specifici riferimenti a conseguenze di sfondamento dei
codici militari sul tipo di "Ultra" ed "Enigma" per le operazioni dei
sommergibili italiani, ma leggo che nei primi tempi di guerra il
"Galilei" venne catturato nelle acque antistanti al porto di Aden
perché costretto appunto dalle esalazioni di cloruro di metile, e che
l'equipaggio semiavvelenato non riuscì a distruggere i codici che
caddero in mano inglese [3]
Tuttavia, questi mi sembrano argomenti non marginali, ma comunque
insufficienti a spiegare l'insuccesso dell'arma sottomarina italiana
durante la IIA GM, specie considerando la numerosità della stessa e la
sua alta concentrazione nel Mediterraneo, dive il suo impiego avrebbe
potuto teoricamente risultare decisivo nella "battaglia dei convogli".
*Suppongo* ci fossero deficienze nell'impiego anche, nella tattica,
nella dottrina, nell'addestramento, nel coordinamento con la
ricognizione e via dicendo... ma non ne so abbastanza per dare un mio
giudizio in proposito, e preferirei rimandare la questione a chi ne
sappia più di me e voglia eventualmente intervenire in proposito.
[1] Fonte wikipedia , che però qui cita Bragadin "La marina italiana
nella seconda guerra mondiale"
[2] Fonte sito ufficiale della Marina Militare Italiana
[3] http://silenthunter.forumfree.it/?t=44034968