Post by Luca Morandiniidem per l'attacco del 3o (o era il 4o ?) Rgt
carri all'inizio
di Luglio. attacco spinto, sempre in nome dell'onore, oltre ogni ragionevolezza.
Non posso essere più preciso in quanto non posso consultare il testo in
parola; ma ben mi ricordo l'impressione negativa che mi feci delle capacità
professionali degli ufficiali Nipponici dell'epoca.
Tornato in patria, posso ora essere più preciso:
L'attacco notturno avvenne il 2-3 Luglio, da parte del 4o Rgt carri del Col.
Tamada. Questo attacco fu motivato dal Tamada ai suoi ufficiali con un discorso
di questo tenore: siamo isolati dalla fanteria ed è notte fonda, per cui è una
folia attaccare... ma dobbiamo pur raggiungere l'obiettivo, perché se non lo
facessimo rimarrebbe una macchia sull'onore del reggimento... per cui
attaccheremo, ben sapendo di sacrificarci.
L'attacco vede quindi, durante una tempesta e in un deserto senza punti di
riferimento, un Rgt di carri leggeri lanciarsi contro delle posizioni di
artiglieria Sovietica; i carri, prevedibilmente, si perdono di vista e al luogo
del raduno si ritrova solo il plotone del Colonnello... il nostro a quel punto
medita il suicidio ritenendo di aver fallito la missione, e tocca al suo
attendente cercare gli altri carri nell'oscurità, evitando al contempo di dover
assistere il suo colonnello nel suicidio rituale.
Un po' alla volta i carri vengono raggruppati, ci si accorge che ne manca solo
uno e che l'attacco è stato tutto sommato un successo (anche grazie alla
tempesta) e quindi il Tamada, rinfrancato, abbandona i pensieri suicidi e torna
alle posizioni da cui è partito l'attacco.
Penso che un personaggio del genere sarebbe stato rimosso dal comando, per
evidente fragilità di nervi, in qualsiasi altro esercito... ma quello imperiale
aveva altri metri di paragone: un inviato da Tokio chiese al comandante di
divisione che il Colonnello si "assumesse la responsabilità" (suicidio), non di
aver perso la testa o di aver guidato una carica inutile, bensì del fatto che
l'equipaggio dell'unico carro perso non si fosse fatto uccidere sul posto ! Per
la cronaca, i tre dell'equipaggio erano riusciti a raggiungere le proprio linee
pur essendo malamente ustionati.
Vogliamo confrontare questo "ethos" da guerriero omerico con quanto facevano i
professionsti della Panzerwaffe ? Nei loro manuali era descritta la procedura di
abbandono del mezzo immobilizzato, ben consci che i carri potevano essere
riparati e che la vera perdita fosse quella dell'equipaggio: cosa che ai
Nipponici evidentemente non sovveniva.
Saluti,
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Luca Morandini
www.lucamorandini.it
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