Ball
2003-07-09 15:17:34 UTC
L'amico Antonio ci ha introdotti nel complesso mondo delle marinerie antiche
e quale migliore occasione per aggiungere alcune ulteriori informazioni a
riguardo?
Come premessa essenziale devo solo ricordare che le informazioni riguardanti
la flotta cartaginese sono lacunosissime - anche includendo le descrizioni
degli antichi - e che la gran parte delle ricostruzioni attuate dai
ricercatori sono basate sulle riletture iconografiche presenti su vasi,
cocci e quant'altro.
"Antonio" <***@libero.it> ha scritto nel messaggio
| Ma ci fu uno scontro che, forse, nel suo genere è ancora insuperato: la
| battaglia navale di Capo Ecnomo.
| Infatti, secondo Polibio, nell'estate dell' anno 256 a.C. presso Capo
| Ecnomo, nel mare di Agrigento, si affrontarono 680 navi da guerra che
| imbarcavano ben 290.000 uomini.
[SNIP]
Il dato è, indubbiamente, pompato: facendo una semplice divisione
risulterebbero, su ogni nave, presenti ca 420-430 uomini!!!
II numero delle navi romane che componevano la flotta dell'anno 256 a.C
sembra sospetto, dato che è difficile armonizzarlo con le cifre fornite da
Polibio in altre occasioni. Infatti, nella battaglia di Ecnomo la flotta
romana perse 24 navi e ne catturò 64 (I 28, 14, di queste ultime non tutte
saranno poi state riparate, cfr. I 29, 1) e nella successiva battaglia del
Capo di Ermes i Romani, che disponevano di 350 navi, non persero alcuna nave
e ne conquistarono 114 (I 36, 10-12). Nel disastro provocato dalla tempesta
lungo le coste della Sicilia, Polibio racconta che si salvarono soltanto
ottanta delle 364 navi della flotta romana (I 37, 2), ma il numero
complessivo atteso dovrebbe essere 464 (350 + 114). Ora, dato che un così
alto numero di navi sembra improbabile, dobbiamo supporre che la flotta
romana contasse 250 navi al Capo di Ermes e 230 alla battaglia di Ecnomo, e
un analogo ridimensionamento dobbiamo ipotizzare per la flotta cartaginese,
dato che Polibio (I 36, 9) ricorda 200 navi cartaginesi al Capo di Ermes, e
un numero di navi fra 200 e 250 sembra probabile per contrastare una flotta
romana di 230 navi.
| La flotta romana disponeva di "330 navi da guerra coperte", tra cui 2
| ammiraglie a sei ordini di remi che ospitavano i due consoli M.
| Attilio Regolo e L. Manlio Volsone. Le altre erano tutte o in
| prevalenza delle quinqueremi.
Qui vorrei fare una precisazione: nelle fonti antiche viene spesso
utilizzato il nome specifico di un tipo di nave, come triera o pentera, però
come generica definizione di nave da guerra; questo porta, chiaramente, ad
una visione sfalsata della composizione della flotta e quindi degli
equipaggi. Inoltre la denominazione delle navi cartaginesi, per lo più
"analizzate" dagli antichi partendo dal presupposto che si conosca già la
componentistica di base, è stata spesso fatta attraverso un'omogeneizzazione
delle diverse marine, che in realtà non c'era.
| I Cartaginesi, a loro volta, schieravano in mare "350 navi da guerra
| coperte", quadriremi e quinqueremi al comando degli ammiragli Annone e
| Amilcare e "disponevano di più di 150.000 uomini, come si desume dal
| numero delle navi".
Numero incredibile di uomini, soprattutto se consideriamo la situazione
demografica di Cartagine....
| Tuttavia, bisogna dire che non si conosce quale fosse
| l'esatto numero dei fanti cartaginesi imbarcati, perchè Polibio
| chiaramente lo ricava da un parallelo con la flotta romana, che,
| diversamente dalla punica, praticava in genere la tattica
| dell'abbordaggio e, in più, in quella particolare circostanza
| trasportava un esercito di invasione.
A questo proposito vorrei spendere qualche rigo per tracciare l'evoluzione
navale da parte punica, basata essenzialmente sull'analisi iconografica di
origine greca o fenicia:
- pentecontoro, nave con un ordine di 50 remi, 25 per lato, azionati da 50
uomini, è la categoria principale delle navi da guerra nel VI e V secolo:
erano queste le navi con cui Annone fece il famoso periplo dell'Africa;
- pentecontoro-diera, nave simile alla precedente, solo con un doppio ordine
di remi (12 + 13 remi) che garantiva una maggiore spinta, senza
compromettere le capacità nautiche e di movimento, cosa che sarebbe
successa allungando lo scafo, anzi lo stesso veniva ridotto di alcuni metri;
- triera, nave con 3 ordini di remi, che pur perdendo qualcosa in
accelerazione e virata, ne guadagnava in velocità e nell'impatto del rostro
(rif. nave greca Olympias ricostruita tra il 1985-1987). Questa fù
l'espressione più evoluta della "nave-arma", che era concepita per avere la
massima efficienza nello speronamento e quindi relegava i soldati ad un
ruolo difensivo-offensivo di secondo piano;
- tetrera e pentera, navi a 3 ordini di remi di cui non abbiamo alcuna fonte
che ci descriva il loro funzionamento del remeggio; il punto focale, che ha
impegnato generazioni di studiosi, consiste nel sapere se questi tipi di
navi avessero più di tre ordini di remi, ad esempio quattro ordini per la
tetrera, cinque per la pentera e così via. Se, da un lato, l'iconografìa
navale attesta che nell'antichità non furono mai costruite navi a remi
con più di tre ordini, dall'altro, le fonti scritte conducono talora in
senso opposto; il nome va quindi riferito all'unità di base del sistema
vogatorio.
Questa spiegazione tenta di dare una soluzione al problema ma resta il fatto
che non trova appoggio da parte dei testi antichi, nei quali non si fa alcun
cenno al cambiamento del sistema di voga, cioè al passaggio dal sistema che
prevedeva un uomo per remo (come nella triera) a quello con più uomini per
remo. Si tratta, in sostanza, dell'ipotesi più plausibile, quella che
risulta più convincente. Possiamo quindi identificare e suddividere le navi
con queste ipotesi d'identificazione:
- tetrere e pentere con un solo ordine di remi, rispettivamente con quattro
e cinque uomini per remo;
- con due ordini di remi, ciascuno dei quali prevede due uomini per remo
nella tetrera, due e tre uomini per remo nella pentera;
- con tre ordini di remi che prevedevano per la tetrera due ordini con un
solo uomo e un ordine con due uomini per remo, per la pentera due ordini con
due uomini e uno con un solo uomo per remo.
Tutto questa situazione poco chiara ed ingarbugliata parte da un
presupposto fondamentalmente ovvio: gli antichi non ritenevano necessario
spiegare quanto era logico e naturale per chiunque vivesse nella loro epoca,
quindi non abbiamo documenti comprovanti, in modo irrefutabile, il numero di
rematori presenti per ogni singolo remo.
| Al contrario, la marina da guerra punica privilegiava una tattica
| diversa, basata sulle due manovre alternative dello sfondamento e
| dell' aggiramento.....SNIP
Esatto.
| La nave da guerra-tipo, sia dei Romani che dei Cartaginesi, era la
| quinquereme e non era un caso.
Un aspetto importante è indubbiamente quello sociale, oltre che l'evoluzione
delle tattiche di combattimento: abbiamo così che, se dal IV secolo il ruolo
dello speronamento viene lentamente a perdere d'importanza, sostituito
dall'abbordaggio e dal lancio di proiettili, e quindi influenzando le
tecniche di costruzione delle navi - non più veloci siluri di superficie, ma
lente e stabili chiatte per il trasporto di soldati e di macchine
belliche -, è anche vero che l'utilizzo di queste nuove tecniche e nuove
navi fù in parte causato dalla difficoltà di reperire grandi contingenti di
esperti marinai, condizione essenziale per il perfetto uso delle triere -
ricordiamoci che ogni marinaio aveva un remo e il pilota doveva instaurare
un affiatamento al top per produrre quelle prestazioni di velocità e
manovrabilità tipiche di quelle navi -, cosa non più necessaria con le
"poliere" in cui era sufficiente un singolo rematore esperto, gli altri
erano solo energia muscolare.
| Alla vigilia delle guerre puniche Roma era priva di una flotta
| permanente dovendo ciononostante affrontare la più potente città
| marinara del Mediterraneo.
Ecco il vantaggio di navi grosse con più rematori per remo.
Roma, senza esperienza navale, sposò questo "sistema" di remeggio come
l'unico possibile per competere con la rivale, visto che non aveva certo
problemi di reperimento di energia muscolare....
| Quando l'esigenza di portar guerra a Cartagine anche sui mari si fece
| sentire in tutta la sua impellenza la Repubblica non trovò di meglio
| che prendere una quinquereme cartaginese, arenatasi e catturata, e
| consegnarla ai suoi mastri carpentieri affinchè fosse replicata.
La qual pentera sembra avesse un solo ordine di remi, nave più larga e dal
ponte più ampio, ideali per l'installazione dei corvi.
La più nota è la pentera di Annibale Rodio, che sbalordì i romani che la
incrociarono al largo del Lilibeo, nel 250 aC; velocissima e dai materiali
raffinati, era però una nave "personalizzata".
| Secondo Lionel Casson una quinquereme era nient'altro che una
| trireme, poco più lunga e larga.... SNIP
Come sopra, sono tutte ipotesi che gli studiosi sperano un giorno di
provare....con delle prove tangibili. Speriamo.
Un'ultima cosa sulle pentere, le dimensioni:
La lunghezza globale di una pentera, fuori tutto, secondo il tipo a cui
apparteneva, poteva essere compresa tra 45 e 55 metri, mentre la larghezza
globale doveva variare tra 6,50 e poco meno di 8 metri. Va sottolineato,
comunque, che non esistono elementi certi per stabilire con precisione le
reali dimensioni di queste navi e che le cifre riportate sono ricavate solo
su basi congetturali. Un dato oggettivo, invece, è costituito dal fatto che
le due cale-ricovero più grandi, scoperte sull'isolotto del porto circolare
dì Cartagine, misuravano circa 7,30 metri di larghezza interna e circa 48
metri di lunghezza; considerando la minima riserva di spazio interno
necessaria per introdurvi la nave, seguendo lo stesso principio adottato
alla fine del precedente paragrafo per la triera, nella prima metà del II
secolo questi ricoveri avrebbero potuto ospitare, almeno teoricamente, un
tipo di pentera lunga globalmente 46-48 metri e larga 6,70-6,90 metri circa.
Bene, adesso non rimane che aspettare il racconto della battaglia, quindi
Antonio datti da fare.... :)))
PS. Naturalmente tutte le notizie vengono da quella bibbia sulla marineria
cartaginese, consigliatami dal ns Ammiraglio sorridente, di S. Medas.
e quale migliore occasione per aggiungere alcune ulteriori informazioni a
riguardo?
Come premessa essenziale devo solo ricordare che le informazioni riguardanti
la flotta cartaginese sono lacunosissime - anche includendo le descrizioni
degli antichi - e che la gran parte delle ricostruzioni attuate dai
ricercatori sono basate sulle riletture iconografiche presenti su vasi,
cocci e quant'altro.
"Antonio" <***@libero.it> ha scritto nel messaggio
| Ma ci fu uno scontro che, forse, nel suo genere è ancora insuperato: la
| battaglia navale di Capo Ecnomo.
| Infatti, secondo Polibio, nell'estate dell' anno 256 a.C. presso Capo
| Ecnomo, nel mare di Agrigento, si affrontarono 680 navi da guerra che
| imbarcavano ben 290.000 uomini.
[SNIP]
Il dato è, indubbiamente, pompato: facendo una semplice divisione
risulterebbero, su ogni nave, presenti ca 420-430 uomini!!!
II numero delle navi romane che componevano la flotta dell'anno 256 a.C
sembra sospetto, dato che è difficile armonizzarlo con le cifre fornite da
Polibio in altre occasioni. Infatti, nella battaglia di Ecnomo la flotta
romana perse 24 navi e ne catturò 64 (I 28, 14, di queste ultime non tutte
saranno poi state riparate, cfr. I 29, 1) e nella successiva battaglia del
Capo di Ermes i Romani, che disponevano di 350 navi, non persero alcuna nave
e ne conquistarono 114 (I 36, 10-12). Nel disastro provocato dalla tempesta
lungo le coste della Sicilia, Polibio racconta che si salvarono soltanto
ottanta delle 364 navi della flotta romana (I 37, 2), ma il numero
complessivo atteso dovrebbe essere 464 (350 + 114). Ora, dato che un così
alto numero di navi sembra improbabile, dobbiamo supporre che la flotta
romana contasse 250 navi al Capo di Ermes e 230 alla battaglia di Ecnomo, e
un analogo ridimensionamento dobbiamo ipotizzare per la flotta cartaginese,
dato che Polibio (I 36, 9) ricorda 200 navi cartaginesi al Capo di Ermes, e
un numero di navi fra 200 e 250 sembra probabile per contrastare una flotta
romana di 230 navi.
| La flotta romana disponeva di "330 navi da guerra coperte", tra cui 2
| ammiraglie a sei ordini di remi che ospitavano i due consoli M.
| Attilio Regolo e L. Manlio Volsone. Le altre erano tutte o in
| prevalenza delle quinqueremi.
Qui vorrei fare una precisazione: nelle fonti antiche viene spesso
utilizzato il nome specifico di un tipo di nave, come triera o pentera, però
come generica definizione di nave da guerra; questo porta, chiaramente, ad
una visione sfalsata della composizione della flotta e quindi degli
equipaggi. Inoltre la denominazione delle navi cartaginesi, per lo più
"analizzate" dagli antichi partendo dal presupposto che si conosca già la
componentistica di base, è stata spesso fatta attraverso un'omogeneizzazione
delle diverse marine, che in realtà non c'era.
| I Cartaginesi, a loro volta, schieravano in mare "350 navi da guerra
| coperte", quadriremi e quinqueremi al comando degli ammiragli Annone e
| Amilcare e "disponevano di più di 150.000 uomini, come si desume dal
| numero delle navi".
Numero incredibile di uomini, soprattutto se consideriamo la situazione
demografica di Cartagine....
| Tuttavia, bisogna dire che non si conosce quale fosse
| l'esatto numero dei fanti cartaginesi imbarcati, perchè Polibio
| chiaramente lo ricava da un parallelo con la flotta romana, che,
| diversamente dalla punica, praticava in genere la tattica
| dell'abbordaggio e, in più, in quella particolare circostanza
| trasportava un esercito di invasione.
A questo proposito vorrei spendere qualche rigo per tracciare l'evoluzione
navale da parte punica, basata essenzialmente sull'analisi iconografica di
origine greca o fenicia:
- pentecontoro, nave con un ordine di 50 remi, 25 per lato, azionati da 50
uomini, è la categoria principale delle navi da guerra nel VI e V secolo:
erano queste le navi con cui Annone fece il famoso periplo dell'Africa;
- pentecontoro-diera, nave simile alla precedente, solo con un doppio ordine
di remi (12 + 13 remi) che garantiva una maggiore spinta, senza
compromettere le capacità nautiche e di movimento, cosa che sarebbe
successa allungando lo scafo, anzi lo stesso veniva ridotto di alcuni metri;
- triera, nave con 3 ordini di remi, che pur perdendo qualcosa in
accelerazione e virata, ne guadagnava in velocità e nell'impatto del rostro
(rif. nave greca Olympias ricostruita tra il 1985-1987). Questa fù
l'espressione più evoluta della "nave-arma", che era concepita per avere la
massima efficienza nello speronamento e quindi relegava i soldati ad un
ruolo difensivo-offensivo di secondo piano;
- tetrera e pentera, navi a 3 ordini di remi di cui non abbiamo alcuna fonte
che ci descriva il loro funzionamento del remeggio; il punto focale, che ha
impegnato generazioni di studiosi, consiste nel sapere se questi tipi di
navi avessero più di tre ordini di remi, ad esempio quattro ordini per la
tetrera, cinque per la pentera e così via. Se, da un lato, l'iconografìa
navale attesta che nell'antichità non furono mai costruite navi a remi
con più di tre ordini, dall'altro, le fonti scritte conducono talora in
senso opposto; il nome va quindi riferito all'unità di base del sistema
vogatorio.
Questa spiegazione tenta di dare una soluzione al problema ma resta il fatto
che non trova appoggio da parte dei testi antichi, nei quali non si fa alcun
cenno al cambiamento del sistema di voga, cioè al passaggio dal sistema che
prevedeva un uomo per remo (come nella triera) a quello con più uomini per
remo. Si tratta, in sostanza, dell'ipotesi più plausibile, quella che
risulta più convincente. Possiamo quindi identificare e suddividere le navi
con queste ipotesi d'identificazione:
- tetrere e pentere con un solo ordine di remi, rispettivamente con quattro
e cinque uomini per remo;
- con due ordini di remi, ciascuno dei quali prevede due uomini per remo
nella tetrera, due e tre uomini per remo nella pentera;
- con tre ordini di remi che prevedevano per la tetrera due ordini con un
solo uomo e un ordine con due uomini per remo, per la pentera due ordini con
due uomini e uno con un solo uomo per remo.
Tutto questa situazione poco chiara ed ingarbugliata parte da un
presupposto fondamentalmente ovvio: gli antichi non ritenevano necessario
spiegare quanto era logico e naturale per chiunque vivesse nella loro epoca,
quindi non abbiamo documenti comprovanti, in modo irrefutabile, il numero di
rematori presenti per ogni singolo remo.
| Al contrario, la marina da guerra punica privilegiava una tattica
| diversa, basata sulle due manovre alternative dello sfondamento e
| dell' aggiramento.....SNIP
Esatto.
| La nave da guerra-tipo, sia dei Romani che dei Cartaginesi, era la
| quinquereme e non era un caso.
Un aspetto importante è indubbiamente quello sociale, oltre che l'evoluzione
delle tattiche di combattimento: abbiamo così che, se dal IV secolo il ruolo
dello speronamento viene lentamente a perdere d'importanza, sostituito
dall'abbordaggio e dal lancio di proiettili, e quindi influenzando le
tecniche di costruzione delle navi - non più veloci siluri di superficie, ma
lente e stabili chiatte per il trasporto di soldati e di macchine
belliche -, è anche vero che l'utilizzo di queste nuove tecniche e nuove
navi fù in parte causato dalla difficoltà di reperire grandi contingenti di
esperti marinai, condizione essenziale per il perfetto uso delle triere -
ricordiamoci che ogni marinaio aveva un remo e il pilota doveva instaurare
un affiatamento al top per produrre quelle prestazioni di velocità e
manovrabilità tipiche di quelle navi -, cosa non più necessaria con le
"poliere" in cui era sufficiente un singolo rematore esperto, gli altri
erano solo energia muscolare.
| Alla vigilia delle guerre puniche Roma era priva di una flotta
| permanente dovendo ciononostante affrontare la più potente città
| marinara del Mediterraneo.
Ecco il vantaggio di navi grosse con più rematori per remo.
Roma, senza esperienza navale, sposò questo "sistema" di remeggio come
l'unico possibile per competere con la rivale, visto che non aveva certo
problemi di reperimento di energia muscolare....
| Quando l'esigenza di portar guerra a Cartagine anche sui mari si fece
| sentire in tutta la sua impellenza la Repubblica non trovò di meglio
| che prendere una quinquereme cartaginese, arenatasi e catturata, e
| consegnarla ai suoi mastri carpentieri affinchè fosse replicata.
La qual pentera sembra avesse un solo ordine di remi, nave più larga e dal
ponte più ampio, ideali per l'installazione dei corvi.
La più nota è la pentera di Annibale Rodio, che sbalordì i romani che la
incrociarono al largo del Lilibeo, nel 250 aC; velocissima e dai materiali
raffinati, era però una nave "personalizzata".
| Secondo Lionel Casson una quinquereme era nient'altro che una
| trireme, poco più lunga e larga.... SNIP
Come sopra, sono tutte ipotesi che gli studiosi sperano un giorno di
provare....con delle prove tangibili. Speriamo.
Un'ultima cosa sulle pentere, le dimensioni:
La lunghezza globale di una pentera, fuori tutto, secondo il tipo a cui
apparteneva, poteva essere compresa tra 45 e 55 metri, mentre la larghezza
globale doveva variare tra 6,50 e poco meno di 8 metri. Va sottolineato,
comunque, che non esistono elementi certi per stabilire con precisione le
reali dimensioni di queste navi e che le cifre riportate sono ricavate solo
su basi congetturali. Un dato oggettivo, invece, è costituito dal fatto che
le due cale-ricovero più grandi, scoperte sull'isolotto del porto circolare
dì Cartagine, misuravano circa 7,30 metri di larghezza interna e circa 48
metri di lunghezza; considerando la minima riserva di spazio interno
necessaria per introdurvi la nave, seguendo lo stesso principio adottato
alla fine del precedente paragrafo per la triera, nella prima metà del II
secolo questi ricoveri avrebbero potuto ospitare, almeno teoricamente, un
tipo di pentera lunga globalmente 46-48 metri e larga 6,70-6,90 metri circa.
Bene, adesso non rimane che aspettare il racconto della battaglia, quindi
Antonio datti da fare.... :)))
PS. Naturalmente tutte le notizie vengono da quella bibbia sulla marineria
cartaginese, consigliatami dal ns Ammiraglio sorridente, di S. Medas.