Ball
2004-10-10 17:44:58 UTC
Come sapete, a leggere le cose altrui si notano gli errori, quindi se ci
sono correggeteli.
Ho tirato un pò per lunghe questo tema perchè credo che, aldilà del valore
di questo romano, la rivolta ispanica non sia conosciuta bene da tutti e
spero di averla fatta conoscere un pò meglio.
Ovviamente non sono entrato troppo nello specifico dei rivolgimenti politici
del periodo, meriterebbero un 3d tutto per loro.
Antefatto ultra-sintetico del periodo.
La rivolta ispanica si inserisce in uno dei periodi più difficili della
storia di Roma. Un'altra guerra civile - appena conclusa quella sociale -
era sul punto di scoppiare da un momento all'altro, complice il ritiro dalla
vita politica e in seguito la morte di Silla, l'uomo forte che aveva dato un
assetto alla città; populares ed oligarchici avevano disperatamente bisogno
di un uomo di personalità che stesse dalla loro parte; l'assoluta carenza di
personaggi di talento permise il fiorire di mediocri interpreti dell'arte di
far carriera e così apparvero, tra più e meno validi, Metello, Catulo,
Lepido, i Luculli, Pompeo, Crasso (sò che qualcuno storcerà il naso, ma
sono ovviamente giudizi personali e un pò severi, almeno sui Luculli :) ).
L'avventura ispanica di Sertorio, dunque, si dipana in un periodo in cui
inizialmente viene tollerata come una sventura passeggera, grazie alla
presenza di Silla e dei suoi veterani, ma poi acquista tutta un'altra
pericolosità alla morte dello stesso: l'oligarchia da sola doveva
fronteggiare a Roma un opposizione che con Lepido attese a mala pena che
Silla chiudesse gli occhi, prima di trovare il pretesto per far scoppiare
un'insurrezione e quindi la Spagna e i suoi ribelli potevano assurgere a
nuovi livelli di influenza.
Insomma uno stato romano molle e debole che doveva affrontare più di una
minaccia interna, era in balia del clientelismo e che non aveva le qualità
morali e di comando per opporsi alla ribellione ispanica.
Un'ulteriore crisi poteva alimentare le speranze non sopite dei nemici
interni come di quelli esterni. Dobbiamo aspettare la sconfitta di Lepido al
Campo di Marte e la ''richiesta'' da parte di Pompeo di avere il comando di
Spagna, perchè l'attenzione di Roma si sposti definitivamente nella penisola
iberica, libera dalle problematiche interne.
Era il 77 ac.
Profilo di Sertorio.
Sertorio iniziò la sua carriera militare durante le invasioni dei Cimbri e
dei Teutoni, nel 107 ac nelle legioni di Cepione; durante la tragica
ritirata romana, a seguito della sconfitta di Arausio, si distinse per
essere riuscito ad attraversare il Rodano, ferito e completo di armatura.
Caio Mario lo vuole tra le sue file e apprezzandone le doti morali e
fisiche, gli assegnò missioni delicate. Nel corso di queste missioni era
solito travestirsi da celtico, arrivando ad impararne la lingua e a
trascorrere alcuni mesi in mezzo a loro per conoscerne l'effettiva entità.
Nel 98 ac, dopo la sconfitta dei barbari, fu inviato in Spagna dove si
forgiò definitivamente e dove le sue capacità gli diedero grande fama.
La rivolta di Castulo, per quanto stroncata nel sangue, gli fece guadagnare
ulteriore rispetto anche da parte delle popolazioni indigene.
Nel 91 ac divenne questore della Gallia cisalpina dove si distinse per
l'alacrità con cui procurava armi e soldati.
Quando Mario e Silla vennero ai ferri corti, Sertorio rimase fedele a
Mario - complice anche un Tribunato militare non conferitogli per
l'opposizione dello stesso Silla - e nell'83 ac divenne pretore della Spagna
citeriore, risparmiandosi così il bagno di sangue conseguente alla presa di
potere da parte di Silla.
Questo ritorno gli calzava a pennello e in breve tempo riuscì ad ingraziarsi
ancora una volta le popolazioni locali instaurando un rapporto costruttivo
tra indigeni ed elementi romani, ma nell'81 Silla gli mandò contro Valerio
Flacco e Annio Lusco, che inutilmente tentarono di forzare i passi dei
Pirenei che erano tenuti da Livio Salinatore con 6000 fanti: si pagò allora
un assassino che fece quello che i due imbelli romani non erano riusciti a
fare. Sertorio, rimasto con poche migliaia di uomini, capì l'impossibilità
di resistere e si imbarcò per la Mauritania.
La prima fase.
Sertorio ritornò in Spagna (80 ac) chiamato dai Lusitani che erano rimasti
molto impressionati dalle sue gesta militari e gli mandarono un'ambasciata
perché assumesse il comando delle loro milizie: 20 comuni aderirono e lui
stesso riuscì a raccogliere 2600 romani, per lo più disertori. Si rese conto
che il successo dipendeva dal riuscire ad associare alle schiere
indisciplinate dei guerriglieri un nerbo di truppe romane disciplinate e ben
organizzate: riuscì così ad approntare un esercito di 4000 fanti e 700
cavalieri e con questi affrontò Tufidio, comandante della Spagna ulteriore,
che fu completamente battuto presso il fiume Baetis, lasciando sul campo
2000 soldati.
Fu allora sollecitato l'intervento del governatore della provincia
dell'Ebro, Calvino, affinché ponesse un argine all'avanzata dei sertoriani,
poi fu la volta dell'esperto Metello, personalmente inviato da Silla (79 ac)
nella Spagna meridionale per chiudere la faccenda, ma Calvino fu sconfitto e
ucciso da Irtuleio, luogotenente di Sertorio, che affrontò e sconfisse anche
Manlio, governatore della Gallia ulteriore.
A Metello non andò meglio; dapprima una parte delle sue truppe fu attirata
in un'imboscata da Sertorio, durante l'assedio di Longobrida, costringendolo
a levare l'assedio, poi lo stesso sconfisse le truppe comandate da Thorio
(Dorio) sul fiume Anas; il comandante romano era continuamente tormentato da
una guerriglia che tagliava i convogli e le comunicazioni, lo circondava da
ogni parte e rifiutava costantemente una battaglia decisiva.
Sertorio affrontò con poco più di 9000 uomini armati alla leggera, i due
eserciti romani che assommavano 40.000 legionari e molte migliaia di
ausiliari.
Il popularis ribelle controllava ora gran parte della penisola, dalla Sierra
Morena ai Pirenei; la sua presenza si avvertiva fino alla Narbonensis e
all'Aquitania, in più erano giunti i superstiti dell'esercito di Lepido, al
comando di Perperna, a rimpolpare le sue file (20.000 fanti e 1300
cavalieri).
Mantenne un'alleanza con i pirati, cosa che gli permetteva di ricevere aiuti
e rifornimenti via mare e nel contempo di tenere impegnate le flotte romane.
Fu forse questo incremento della componente cittadina che lo spinse ad
accelerare la sua opera di romanizzazione della Spagna: Sertorio aveva una
conoscenza perfetta anche sotto un profilo psicologico, di quel paese.
Conosceva la natura dei suoi abitanti, i metodi di guerriglia, le loro
aspirazioni, le loro usanze, le loro superstizioni, e di tutte queste
componenti seppe servirsi perfettamente.
È giusto sottolineare che il suo obiettivo non fu mai quello di separare le
province iberiche da Roma, semmai di farne il centro di una sorta di governo
popularis in esilio e mescolare il ceppo italico residente con la componente
indigena. Fu anche per questo che costituì un senato di 300 membri tra i
residenti nella penisola e fece costruire ad Osca, la capitale, una scuola
di cultura greco-latina che si prefiggeva di educare i i figli delle
famiglie iberiche più nobili ed accelerarne così la romanizzazione (figli
che ovviamente diventavano un comodo ostaggio per mantenere i legami di
alleanza....).
Quello che stava facendo lui in Africa fu un primo tentativo di mettere in
atto la romanizzazione con il romanizzare gli abitanti delle province e non
con l'estirpare gli antichi abitanti per sostituirli con emigrati italici.
Era il 77 ac.
La seconda fase.
A questo punto intervennero 2 fatti che fecero pendere la bilancia dalla
parte di Roma: secondo la storiografia ''ufficiale'' è proprio in questo
periodo che risale un'ambasceria di Sertorio nei confronti di Mitrididate -
il nemico mortale - per cercarvi alleanza, il che portò in Roma la coscienza
che in quel momento Sertorio era il maggior pericolo per le istituzioni e
difatti inviarono Pompeo con un esercito ben addestrato di 30.000 legionari,
1500 cavalieri e alcune migliaia di ausiliari, più le forze rimaste a
Metello; il secondo fatto fu conseguente al suo atteggiamento di favore nei
confronti dei Celtiberi, rappresentanti il nucleo più numeroso, che
scontentava però i baschi e gli altri popoli che non vedevano di buon occhio
i favoriti Celtiberi, creando così una serie di microfratture tra le
alleanze che un minimo rovescio dell'esercito sartoriano avrebbe potuto
trasformare in una defezione di massa.
Gli iberici un po'come i galli.... :)
Pompeo arrivò in 40 giorni (76 ac) e preparò una campagna militare che si
prefiggeva di ottenere il controllo della costa e della Meseta: per la prima
volta, Sertorio perse l'iniziativa strategica e dovette dividere il suo
esercito in tre corpi, Perperna (20.000 soldati - 1000 cavalieri), Irtuleio
(15000 fanti - 200 cavalieri) e lui stesso (20.000 fanti - 500 cavalieri),
in una posizione intermedia in modo da intervenire come riserva in aiuto di
uno dei due.
Il primo scontro avvenne nei pressi di Lauro, dove Sertorio, che la stava
assediando, sconfisse Pompeo in modo perentorio e susseguentemente
anche una legione che era stata mandata in soccorso: in questi scontri,
tutto sommato minori, le perdite romane furono di circa 20.000 uomini.
Ma quello che di buono faceva Sertorio, con altrettanta abilità
distruggevano i suoi luogotenenti: nel 75 ac Irtuleio fu sconfitto da
Metello ripetutamente, fino a farsi uccidere, con i risultati che potete
immaginare tra le fila del suo esercito; a Perperna non andò di certo meglio
contro Pompeo, una volta che fu lasciato solo da Sertorio che andava in
aiuto di Irtuleio, e di positivo per lui ci fu solo il fatto di essersi
portato a casa la pelle.... ;-)
Prima della fine dell'anno ci fu forse l'ultima occasione per Sertorio di
affrontare e tentare di distruggere le forze di Pompeo, che al momento era
isolato, ma lo scontro nella piana del Sucro, che inizialmente vide Pompeo
battuto all'ala destra e ferito gravemente, Afranio vincitore alla sinistra
al punto di riuscire ad espugnare il campo dei sertoriani, almeno fino al
ritorno di Sertorio che l'obbligò a ritirarsi, non ottenne gli esiti
sperati, grazie anche a Metello che dopo un veloce avvicinamento - forse il
primo della sua vita :) - sconfisse Perperna e ne prese il campo.
Questi rovesci, come previsto, portarono alla defezione di molte
popolazioni, prima fra esse i Baschi che passarono dalla parte di Pompeo e
nel cui territorio cominciarono sorgere i castra romani, dei quali il più
noto, in onore di Pompeo, è l'odierna Pamplona.
L'ultimo scontro, nei pressi del fiume Turia, vide Sertorio sconfiggere
Pompeo che era alla testa della sua cavalleria e uccidere suo cognato Lucio
Memmnio; Perperna si faceva ancora sconfiggere da Metello che respingeva
vittoriosamente l'attacco che gli era stato mosso dal grosso dell'arma da
nemica. L'esercito di Sertorio si disperse, Valenza fu presa e distrutta,
Sertorio stesso veniva assediato nella fortezza di Clunia: la speranza di
essersi liberati definitivamente di un tenace avversario stava diventando
certezza, ma Sertorio riuscì a sfuggire all'assedio ponendosi anche
quell'anno alla testa di un esercito e per i generali romani si prospettava
la sconfortante prospettiva di dover occupare i quartieri invernali.
Con l'arrivo dell'inverno le opposte schiere si separarono per cercare posti
adeguati per svernare, ma era ormai evidente che le risorse a disposizione
di Pompeo erano enormemente superiore a quelle di Sertorio che, dalla tanto
decantata - dai suoi nemici - alleanza con Mitridate, non ottenne altro che
una quarantina di navi e circa 3000 talenti....
Melius abundare quam deficere.... :))
Con il nuovo anno (74 ac) i generali romani (con 50.000 uomini) iniziarono
la sistematica distruzione dei centri d'altura fedeli a Sertorio, Pompeo
seguendo l'Ebro, Metello marciando nella Ulteriore; ormai non era più in
grado di affrontare direttamente il nemico, per cui si risolse ad effettuare
rapide scorrerie in aiuto degli alleati, a minacciare costantemente le vie
di rifornimento e ad attaccare gruppi isolati di soldati: tattica utile ma
non risolutiva.
Gli stessi rifornimenti che erano garantiti dai pirati alleati, ormai non
giungevano più, avendo la flotta di Antonio Cretico liberato il mare dalla
presenza degli stessi e tenendo saldamente in mano tutta la costa iberica.
In aggiunta ad una situazione strategicamente negativa per il sertoriani, a
Roma fu promulgata la Lex Plautia de reditu Lepidanorum, che in pratica
consentiva l'amnistia ai seguaci di Lepido che avessero deciso di
arrendersi: non occorre che ve ne illustri gli effetti.
Metello inoltre gli mise una grossa taglia sulla testa.
Epilogo.
Gli iberici ormai stavano cedendo dappertutto: la terra dei celtiliberi era
ormai occupata da Pompeo e Metello aveva riconquistato gran parte della
Lusitania. Le defezioni tra le file dei sertoriani erano all'ordine del
giorno, ormai esasperato dalla delusione Sertorio, che era un leader
scaltro, coraggioso, rapido e duro quando necessario, si abbandonò sempre
più spesso a durissime misure repressive, si fidava della sola guardia del
corpo, guardava con diffidenza le persone, fino a commettere l'estremo
errore di far uccidere o vendere schiavi quei figli dei notabili indigeni
che teneva in ostaggio ad Osca.
Con questo gesto si inimicò gli gli ultimi iberici fedeli.
La sua tragica fine, avvenuta durante un banchetto e ordita da
Perperna, mise anche fine alla rivolta ispanica, perché colui che volle
sostituirsi a lui non ottenne lo stesso consenso da parte dei lusitani,
venne accettato un con diffidenza e riluttanza, e al primo scontro con
Pompeo mal condusse le truppe che furono completamente sbagliate.
In questo frangente il comandante romano si distinse per un gesto di grande
rilevanza: bruciò la compromettente corrispondenza di Sertorio che lo stesso
Perperna gli aveva consegnato nella speranza di aver salva la vita.
Scrive Mommsen: << così finiva la sua vita uno dei più grandi uomini, per
non dire il più grande, cui Roma avesse dato fino allora i natali, un uomo
che in circostanze più fortunate sarebbe stato il rigeneratore della sua
patria, e moriva per il tradimento d'una miserabile banda di emigrati, che
esso era stato condannato a comandare contro la patria. La storia non ama i
coriolani; anche per quest'uomo, il più magnanimo, il più geniale, il più
degno di compassione, essa non ha fatto eccezione>>.
Era il 73 ac.
Le fonti.
Due note finali sono sulle fonti primarie.
Sertorio è riportato nella storiografia ufficiale come un grande uomo, un
grande comandante, un uomo su cui si può contare, un uomo che non si
ritraeva di fronte agli impegni; tutto ciò ebbe termine con la sua scelta di
campo a fianco di Mario e con la vittoria di Silla.
Gli Optimates lo consideravano disponibile al tradimento e al complotto, in
balia del suo carattere violento e tendenzialmente all'avventura, un vero e
proprio reietto che aveva tradito la patria.
Così anche le fonti, tra le quali troviamo Sallustio e Plutarco - il quale
gli ha dedicato una delle sue Vitae - che ne evidenziano l'atteggiamento
''romano'' all'interno della sua provincia, le sue superbe capacità di
condottiero e la sua democraticità, almeno nel periodo iniziale.
Diversamente Livio, Appiano, e Diodoro, anche se quest'ultimo ci dà un
interessante descrizione delle capacità, delle caratteristiche combattive e
dell'uso delle armi del popolo iberico.
Credo che mai come in questo caso....in medio stat virtus!
sono correggeteli.
Ho tirato un pò per lunghe questo tema perchè credo che, aldilà del valore
di questo romano, la rivolta ispanica non sia conosciuta bene da tutti e
spero di averla fatta conoscere un pò meglio.
Ovviamente non sono entrato troppo nello specifico dei rivolgimenti politici
del periodo, meriterebbero un 3d tutto per loro.
Antefatto ultra-sintetico del periodo.
La rivolta ispanica si inserisce in uno dei periodi più difficili della
storia di Roma. Un'altra guerra civile - appena conclusa quella sociale -
era sul punto di scoppiare da un momento all'altro, complice il ritiro dalla
vita politica e in seguito la morte di Silla, l'uomo forte che aveva dato un
assetto alla città; populares ed oligarchici avevano disperatamente bisogno
di un uomo di personalità che stesse dalla loro parte; l'assoluta carenza di
personaggi di talento permise il fiorire di mediocri interpreti dell'arte di
far carriera e così apparvero, tra più e meno validi, Metello, Catulo,
Lepido, i Luculli, Pompeo, Crasso (sò che qualcuno storcerà il naso, ma
sono ovviamente giudizi personali e un pò severi, almeno sui Luculli :) ).
L'avventura ispanica di Sertorio, dunque, si dipana in un periodo in cui
inizialmente viene tollerata come una sventura passeggera, grazie alla
presenza di Silla e dei suoi veterani, ma poi acquista tutta un'altra
pericolosità alla morte dello stesso: l'oligarchia da sola doveva
fronteggiare a Roma un opposizione che con Lepido attese a mala pena che
Silla chiudesse gli occhi, prima di trovare il pretesto per far scoppiare
un'insurrezione e quindi la Spagna e i suoi ribelli potevano assurgere a
nuovi livelli di influenza.
Insomma uno stato romano molle e debole che doveva affrontare più di una
minaccia interna, era in balia del clientelismo e che non aveva le qualità
morali e di comando per opporsi alla ribellione ispanica.
Un'ulteriore crisi poteva alimentare le speranze non sopite dei nemici
interni come di quelli esterni. Dobbiamo aspettare la sconfitta di Lepido al
Campo di Marte e la ''richiesta'' da parte di Pompeo di avere il comando di
Spagna, perchè l'attenzione di Roma si sposti definitivamente nella penisola
iberica, libera dalle problematiche interne.
Era il 77 ac.
Profilo di Sertorio.
Sertorio iniziò la sua carriera militare durante le invasioni dei Cimbri e
dei Teutoni, nel 107 ac nelle legioni di Cepione; durante la tragica
ritirata romana, a seguito della sconfitta di Arausio, si distinse per
essere riuscito ad attraversare il Rodano, ferito e completo di armatura.
Caio Mario lo vuole tra le sue file e apprezzandone le doti morali e
fisiche, gli assegnò missioni delicate. Nel corso di queste missioni era
solito travestirsi da celtico, arrivando ad impararne la lingua e a
trascorrere alcuni mesi in mezzo a loro per conoscerne l'effettiva entità.
Nel 98 ac, dopo la sconfitta dei barbari, fu inviato in Spagna dove si
forgiò definitivamente e dove le sue capacità gli diedero grande fama.
La rivolta di Castulo, per quanto stroncata nel sangue, gli fece guadagnare
ulteriore rispetto anche da parte delle popolazioni indigene.
Nel 91 ac divenne questore della Gallia cisalpina dove si distinse per
l'alacrità con cui procurava armi e soldati.
Quando Mario e Silla vennero ai ferri corti, Sertorio rimase fedele a
Mario - complice anche un Tribunato militare non conferitogli per
l'opposizione dello stesso Silla - e nell'83 ac divenne pretore della Spagna
citeriore, risparmiandosi così il bagno di sangue conseguente alla presa di
potere da parte di Silla.
Questo ritorno gli calzava a pennello e in breve tempo riuscì ad ingraziarsi
ancora una volta le popolazioni locali instaurando un rapporto costruttivo
tra indigeni ed elementi romani, ma nell'81 Silla gli mandò contro Valerio
Flacco e Annio Lusco, che inutilmente tentarono di forzare i passi dei
Pirenei che erano tenuti da Livio Salinatore con 6000 fanti: si pagò allora
un assassino che fece quello che i due imbelli romani non erano riusciti a
fare. Sertorio, rimasto con poche migliaia di uomini, capì l'impossibilità
di resistere e si imbarcò per la Mauritania.
La prima fase.
Sertorio ritornò in Spagna (80 ac) chiamato dai Lusitani che erano rimasti
molto impressionati dalle sue gesta militari e gli mandarono un'ambasciata
perché assumesse il comando delle loro milizie: 20 comuni aderirono e lui
stesso riuscì a raccogliere 2600 romani, per lo più disertori. Si rese conto
che il successo dipendeva dal riuscire ad associare alle schiere
indisciplinate dei guerriglieri un nerbo di truppe romane disciplinate e ben
organizzate: riuscì così ad approntare un esercito di 4000 fanti e 700
cavalieri e con questi affrontò Tufidio, comandante della Spagna ulteriore,
che fu completamente battuto presso il fiume Baetis, lasciando sul campo
2000 soldati.
Fu allora sollecitato l'intervento del governatore della provincia
dell'Ebro, Calvino, affinché ponesse un argine all'avanzata dei sertoriani,
poi fu la volta dell'esperto Metello, personalmente inviato da Silla (79 ac)
nella Spagna meridionale per chiudere la faccenda, ma Calvino fu sconfitto e
ucciso da Irtuleio, luogotenente di Sertorio, che affrontò e sconfisse anche
Manlio, governatore della Gallia ulteriore.
A Metello non andò meglio; dapprima una parte delle sue truppe fu attirata
in un'imboscata da Sertorio, durante l'assedio di Longobrida, costringendolo
a levare l'assedio, poi lo stesso sconfisse le truppe comandate da Thorio
(Dorio) sul fiume Anas; il comandante romano era continuamente tormentato da
una guerriglia che tagliava i convogli e le comunicazioni, lo circondava da
ogni parte e rifiutava costantemente una battaglia decisiva.
Sertorio affrontò con poco più di 9000 uomini armati alla leggera, i due
eserciti romani che assommavano 40.000 legionari e molte migliaia di
ausiliari.
Il popularis ribelle controllava ora gran parte della penisola, dalla Sierra
Morena ai Pirenei; la sua presenza si avvertiva fino alla Narbonensis e
all'Aquitania, in più erano giunti i superstiti dell'esercito di Lepido, al
comando di Perperna, a rimpolpare le sue file (20.000 fanti e 1300
cavalieri).
Mantenne un'alleanza con i pirati, cosa che gli permetteva di ricevere aiuti
e rifornimenti via mare e nel contempo di tenere impegnate le flotte romane.
Fu forse questo incremento della componente cittadina che lo spinse ad
accelerare la sua opera di romanizzazione della Spagna: Sertorio aveva una
conoscenza perfetta anche sotto un profilo psicologico, di quel paese.
Conosceva la natura dei suoi abitanti, i metodi di guerriglia, le loro
aspirazioni, le loro usanze, le loro superstizioni, e di tutte queste
componenti seppe servirsi perfettamente.
È giusto sottolineare che il suo obiettivo non fu mai quello di separare le
province iberiche da Roma, semmai di farne il centro di una sorta di governo
popularis in esilio e mescolare il ceppo italico residente con la componente
indigena. Fu anche per questo che costituì un senato di 300 membri tra i
residenti nella penisola e fece costruire ad Osca, la capitale, una scuola
di cultura greco-latina che si prefiggeva di educare i i figli delle
famiglie iberiche più nobili ed accelerarne così la romanizzazione (figli
che ovviamente diventavano un comodo ostaggio per mantenere i legami di
alleanza....).
Quello che stava facendo lui in Africa fu un primo tentativo di mettere in
atto la romanizzazione con il romanizzare gli abitanti delle province e non
con l'estirpare gli antichi abitanti per sostituirli con emigrati italici.
Era il 77 ac.
La seconda fase.
A questo punto intervennero 2 fatti che fecero pendere la bilancia dalla
parte di Roma: secondo la storiografia ''ufficiale'' è proprio in questo
periodo che risale un'ambasceria di Sertorio nei confronti di Mitrididate -
il nemico mortale - per cercarvi alleanza, il che portò in Roma la coscienza
che in quel momento Sertorio era il maggior pericolo per le istituzioni e
difatti inviarono Pompeo con un esercito ben addestrato di 30.000 legionari,
1500 cavalieri e alcune migliaia di ausiliari, più le forze rimaste a
Metello; il secondo fatto fu conseguente al suo atteggiamento di favore nei
confronti dei Celtiberi, rappresentanti il nucleo più numeroso, che
scontentava però i baschi e gli altri popoli che non vedevano di buon occhio
i favoriti Celtiberi, creando così una serie di microfratture tra le
alleanze che un minimo rovescio dell'esercito sartoriano avrebbe potuto
trasformare in una defezione di massa.
Gli iberici un po'come i galli.... :)
Pompeo arrivò in 40 giorni (76 ac) e preparò una campagna militare che si
prefiggeva di ottenere il controllo della costa e della Meseta: per la prima
volta, Sertorio perse l'iniziativa strategica e dovette dividere il suo
esercito in tre corpi, Perperna (20.000 soldati - 1000 cavalieri), Irtuleio
(15000 fanti - 200 cavalieri) e lui stesso (20.000 fanti - 500 cavalieri),
in una posizione intermedia in modo da intervenire come riserva in aiuto di
uno dei due.
Il primo scontro avvenne nei pressi di Lauro, dove Sertorio, che la stava
assediando, sconfisse Pompeo in modo perentorio e susseguentemente
anche una legione che era stata mandata in soccorso: in questi scontri,
tutto sommato minori, le perdite romane furono di circa 20.000 uomini.
Ma quello che di buono faceva Sertorio, con altrettanta abilità
distruggevano i suoi luogotenenti: nel 75 ac Irtuleio fu sconfitto da
Metello ripetutamente, fino a farsi uccidere, con i risultati che potete
immaginare tra le fila del suo esercito; a Perperna non andò di certo meglio
contro Pompeo, una volta che fu lasciato solo da Sertorio che andava in
aiuto di Irtuleio, e di positivo per lui ci fu solo il fatto di essersi
portato a casa la pelle.... ;-)
Prima della fine dell'anno ci fu forse l'ultima occasione per Sertorio di
affrontare e tentare di distruggere le forze di Pompeo, che al momento era
isolato, ma lo scontro nella piana del Sucro, che inizialmente vide Pompeo
battuto all'ala destra e ferito gravemente, Afranio vincitore alla sinistra
al punto di riuscire ad espugnare il campo dei sertoriani, almeno fino al
ritorno di Sertorio che l'obbligò a ritirarsi, non ottenne gli esiti
sperati, grazie anche a Metello che dopo un veloce avvicinamento - forse il
primo della sua vita :) - sconfisse Perperna e ne prese il campo.
Questi rovesci, come previsto, portarono alla defezione di molte
popolazioni, prima fra esse i Baschi che passarono dalla parte di Pompeo e
nel cui territorio cominciarono sorgere i castra romani, dei quali il più
noto, in onore di Pompeo, è l'odierna Pamplona.
L'ultimo scontro, nei pressi del fiume Turia, vide Sertorio sconfiggere
Pompeo che era alla testa della sua cavalleria e uccidere suo cognato Lucio
Memmnio; Perperna si faceva ancora sconfiggere da Metello che respingeva
vittoriosamente l'attacco che gli era stato mosso dal grosso dell'arma da
nemica. L'esercito di Sertorio si disperse, Valenza fu presa e distrutta,
Sertorio stesso veniva assediato nella fortezza di Clunia: la speranza di
essersi liberati definitivamente di un tenace avversario stava diventando
certezza, ma Sertorio riuscì a sfuggire all'assedio ponendosi anche
quell'anno alla testa di un esercito e per i generali romani si prospettava
la sconfortante prospettiva di dover occupare i quartieri invernali.
Con l'arrivo dell'inverno le opposte schiere si separarono per cercare posti
adeguati per svernare, ma era ormai evidente che le risorse a disposizione
di Pompeo erano enormemente superiore a quelle di Sertorio che, dalla tanto
decantata - dai suoi nemici - alleanza con Mitridate, non ottenne altro che
una quarantina di navi e circa 3000 talenti....
Melius abundare quam deficere.... :))
Con il nuovo anno (74 ac) i generali romani (con 50.000 uomini) iniziarono
la sistematica distruzione dei centri d'altura fedeli a Sertorio, Pompeo
seguendo l'Ebro, Metello marciando nella Ulteriore; ormai non era più in
grado di affrontare direttamente il nemico, per cui si risolse ad effettuare
rapide scorrerie in aiuto degli alleati, a minacciare costantemente le vie
di rifornimento e ad attaccare gruppi isolati di soldati: tattica utile ma
non risolutiva.
Gli stessi rifornimenti che erano garantiti dai pirati alleati, ormai non
giungevano più, avendo la flotta di Antonio Cretico liberato il mare dalla
presenza degli stessi e tenendo saldamente in mano tutta la costa iberica.
In aggiunta ad una situazione strategicamente negativa per il sertoriani, a
Roma fu promulgata la Lex Plautia de reditu Lepidanorum, che in pratica
consentiva l'amnistia ai seguaci di Lepido che avessero deciso di
arrendersi: non occorre che ve ne illustri gli effetti.
Metello inoltre gli mise una grossa taglia sulla testa.
Epilogo.
Gli iberici ormai stavano cedendo dappertutto: la terra dei celtiliberi era
ormai occupata da Pompeo e Metello aveva riconquistato gran parte della
Lusitania. Le defezioni tra le file dei sertoriani erano all'ordine del
giorno, ormai esasperato dalla delusione Sertorio, che era un leader
scaltro, coraggioso, rapido e duro quando necessario, si abbandonò sempre
più spesso a durissime misure repressive, si fidava della sola guardia del
corpo, guardava con diffidenza le persone, fino a commettere l'estremo
errore di far uccidere o vendere schiavi quei figli dei notabili indigeni
che teneva in ostaggio ad Osca.
Con questo gesto si inimicò gli gli ultimi iberici fedeli.
La sua tragica fine, avvenuta durante un banchetto e ordita da
Perperna, mise anche fine alla rivolta ispanica, perché colui che volle
sostituirsi a lui non ottenne lo stesso consenso da parte dei lusitani,
venne accettato un con diffidenza e riluttanza, e al primo scontro con
Pompeo mal condusse le truppe che furono completamente sbagliate.
In questo frangente il comandante romano si distinse per un gesto di grande
rilevanza: bruciò la compromettente corrispondenza di Sertorio che lo stesso
Perperna gli aveva consegnato nella speranza di aver salva la vita.
Scrive Mommsen: << così finiva la sua vita uno dei più grandi uomini, per
non dire il più grande, cui Roma avesse dato fino allora i natali, un uomo
che in circostanze più fortunate sarebbe stato il rigeneratore della sua
patria, e moriva per il tradimento d'una miserabile banda di emigrati, che
esso era stato condannato a comandare contro la patria. La storia non ama i
coriolani; anche per quest'uomo, il più magnanimo, il più geniale, il più
degno di compassione, essa non ha fatto eccezione>>.
Era il 73 ac.
Le fonti.
Due note finali sono sulle fonti primarie.
Sertorio è riportato nella storiografia ufficiale come un grande uomo, un
grande comandante, un uomo su cui si può contare, un uomo che non si
ritraeva di fronte agli impegni; tutto ciò ebbe termine con la sua scelta di
campo a fianco di Mario e con la vittoria di Silla.
Gli Optimates lo consideravano disponibile al tradimento e al complotto, in
balia del suo carattere violento e tendenzialmente all'avventura, un vero e
proprio reietto che aveva tradito la patria.
Così anche le fonti, tra le quali troviamo Sallustio e Plutarco - il quale
gli ha dedicato una delle sue Vitae - che ne evidenziano l'atteggiamento
''romano'' all'interno della sua provincia, le sue superbe capacità di
condottiero e la sua democraticità, almeno nel periodo iniziale.
Diversamente Livio, Appiano, e Diodoro, anche se quest'ultimo ci dà un
interessante descrizione delle capacità, delle caratteristiche combattive e
dell'uso delle armi del popolo iberico.
Credo che mai come in questo caso....in medio stat virtus!
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A. Ball - Punico
A. Ball - Punico