Augusto Benemeglio
2003-09-09 22:55:25 UTC
LUIGI RIZZO L'EROE DEI MAS
DI AUGUSTO BENEMEGLIO
Solo Milazzo, sua città natale, si è ricordata di lui e lo ha
celebrato nel 85° anniversario dall'impresa di Premuda . Parliamo di
Luigi Rizzo, l' eroe dei Mas, che segnò una vera e propria epopea
nel ventennio fascista , e a cui rimane legata indissolubilmente la
"Festa della Marina " che trae origine proprio dal ricordo della
straordinaria impresa da lui compiuta nelle acque di Premuda il 10
giugno 1918, da me rievocata in un'opera drammatizzata , " L'affondamento
della Santo Stefano ", che è stata rappresentata presso molte delle
Associazioni dei Marinai d'Italia salentine nei primi anni '90.
Il Comandante Rizzo e i suoi uomini , tra cui il marinaio leccese
Francesco Bagnato e il gallipolino Umberto Biancamano , riuscirono ,
con il piccolo mitico Mas 15
( è conservato al Museo Storico del Risorgimento di Piazza Venezia , al
Vittoriano ) ad affondare la grande corazzata "Szent Istvan ",
vanto e orgoglio della Marina austriaca . Fu una delle più belle e
ardimentose imprese che siano state compiute sul mare nel conflitto 1915-18
, un' azione leggendaria a cui s'inchinò perfino un grande e severo
marinaio come l'ammiraglio David Beatty , comandante in capo della Great
Fleet, che espresse le più vive e sentite congratulazione a Thaon di
Revel , ma ebbe anche una notevole importanza tattica e strategica poichè
stroncò sul nascere una pericolosa incursione della flotta austriaca
contro lo sbarramento del canale di Otranto e di fatto ribaltò la
situazione in Mediterraneo , dove fino allora la flotta austriaca aveva
avuto una chiara superiorità, lasciando all'Italia praticamente il totale
controllo dell'Adriatico, tant'è che le navi austriache non tentarono più
nessuna sortita offensiva fino al giorno della resa.
Chi era Luigi
Rizzo?
E' presto detto. Un siciliano di pelle scura, un siculo-berbero come ce ne
sono tanti in Sicilia ma anche qui nel Salento. Era un "tuareg" del mare,
perchè era nato sul mare e tutta la sua infanzia ne fu meravigliata.
Storie di mare gli raccontavano il padre e il fratello maggiore, entrambi
naviganti nella Marina Mercantile; storie di guerra gli raccontavano il
nonno, che combattè nel 1848 con i militi di Patria Risorgente, e lo zio,
che aveva seguito Garibaldi dopo lo sbarco dei Mille a Marsala. A soli otto
anni, Luigi aveva già fatto le sue scelte: la sua casa sarebbe stata la nave
dove si muoveva a suo agio più che su qualsiasi altro terreno. A diciotto
anni, conseguito il diploma presso l'Istituto Nautico di Messina, è già
navigante. A 23 anni è capitano e pilota del porto di Messina: opera
il salvataggio di un piroscafo che sta navigando nella tempesta. Gli viene
assegnata la sua prima medaglia d'oro, al valor civile. Altre, d'oro e
d'argento, ne seguiranno al valor militare.
Entrata in guerra l'Italia, il Tenente di Vascello Rizzo si mette subito in
evidenza, imponendosi rapidamente all'attenzione generale per sangue freddo,
perizia marinaresca, intraprendenza e sprezzo del pericolo. Gli viene
assegnato il comando della Sezione MAS di Grado e inizia una serie di
scorribande nel golfo di Trieste presidiato dagli austriaci.
Siamo sul volgere del 1917 e l'Italia versa in una situazione assai
difficile e delicata: Caporetto, con il nostro esercito in rotta, inoltre
due corazzate austriache , la "Wien" e la "Budapest" che da mesi
cannoneggiano sull'Isonzo e sul Piave, sia in appoggio delle truppe
imperiali, sia per mettere fuori combattimento le nostre batterie costiere
di Cortellazzo. Il morale delle truppe italiane è a terra, la situazione è
insostenibile. E' un momento assai delicato per le sorti della nostra
guerra. Anzi, la verità è che la guerra sembra ormai perduta. Bisogna far
qualcosa prima che sia troppo tardi, bisogna almeno far qualcosa per
eliminare l'azione assillante e insostenibile delle due corazzate
austriache, che sono entrambi ormeggiate nel porto di Trieste.
In questo momento assai delicato per le sorti della guerra, l'Ammiraglio
Thaon di Revel, Capo di Stato Maggiore della Marina, s'affida al "corsaro di
Milazzo". Sa che Rizzo è l'unico che può riuscire nell'impresa. E Rizzo non
lo delude; penetra nel porto di Trieste e riesce ad affondare la "Wien" ,
danneggiando , inoltre , seriamente la "Budapest". In quel tempo talmente
grande era la fama di Luigi Rizzo che gli austriaci fecero di tutto per
eliminarlo. Nella notte tra il 3 e il 4 aprile del 1918 un "commando" di
sessanta uomini, al Comando del Tenente di Vascello Joseph Weith, penetrò
nel porto di Ancona, dove nel frattempo Rizzo era stato trasferito, al solo
scopo di eliminare "il corsaro di Milazzo" e sabotare i suoi Mas. Ma la
spedizione fallì grazie all'eroico intervento di un finanziere, che riuscì a
dare l'allarme sacrificando la propria vita. Gli austriaci furono catturati
e Rizzo in persona interrogò gli Ufficiali ed esprimendo il proprio virile
apprezzamento per il coraggio dimostrato nell'impresa strinse loro la mano.
Erano davvero gesti d'altri tempi. Questo fatto accadde circa due mesi prima
dell'Affondamento della corazzata "Szent Istven" ( Santo Stefano) , che
rimane l'ultima e forse più grande impresa di Rizzo e di cui scrissi anni fa
una drammatizzazione che è stata più volte rappresentata nell'ambito delle
Associazioni Nazionali dei Marinai di Galatina, Gallipoli, Nardò, Taviano
ecc. ( "Il teatro - affermò Strehler - è uno slancio verso la giovinezza ,
è l'entusiasmo, il lampo che ci dà modo di fare i messaggeri d'amore.")
A guerra finita, Rizzo ebbe molti onori, celebrazioni, titoli. Venne
promosso Ammiraglio, nominato Conte di Grado, a lui furono dedicate molte
strade, vie, Piazze e perfino una diga. Ma per noi italiani , che siamo uno
strano popolo, Rizzo ebbe forse il torto di non essere morto sul campo di
battaglia, di non essere stato rapito in cielo dagli dei, ebbe il torto
soprattutto di rappresentare, certo non per sua colpa, l'emblema di un
regime. E ciò , con il mutare dei tempi e della fortuna ( la caduta del
regime) , il sopraggiungere della vecchiaia e delle malattie , non gli
poteva essere perdonato. Tant'è che nel 1949 è costretto a subire un
ridicolo processo di epurazione con l'accusa , risultata del tutto
infondata, di aver tratto profitto dal regime, e contestualmente viene
abolita la festa della Marina , perchè legata indissolubilmente all'azione
di Premuda e al suo nome ormai chiaramente declinante. Il vecchio eroe
finì per essere dimenticato e dovette assistere al trionfo dei
parolai pavidi , di coloro che salivano sui carri dei vincitori e
sbandieravano il tricolore senza mai aver imbracciato un fucile, né
mosso un dito per la Patria ; dovette assistere al trionfo dei
vigliacchi , dei parassiti , degli invidiosi , degli sciacalli che da
sempre tramano nell'ombra , dei vampiri che succhiano il sangue dei nobili
e dei coraggiosi lui , che era un eroe purissimo, e di questo soffrì
moltissimo, fino al punto da ammalarsi seriamente.
Gli fu diagnosticato un tumore ad un polmone. Decise di andare a Roma,
dov'era il professore Raffaele Paolucci, altro eroe della prima guerra
mondiale che era diventato medico di fama europea. Paolucci, amicissimo di
Rizzo con cui si esprimeva spesso in dialetto romanesco, dopo averlo
visitato e avergli confermato la diagnosi, gli disse: "A Giggi, te lo devo
proprio da ddì. La cosa è grave assai. Bisogna asporta' subbito er
pormone prima che sia troppo tardi."
Rizzo gli rispose: " Raffaè, fai quello che devi fare: meglio morire una
volta per tutte che questo lento e penoso morire di ogni giorno. Qualcuno
mi rimprovera di non essere morto sul campo di battaglia , ma è proprio lì
che io avrei preferito morire , sul mio MAS, magari subito dopo
l'affondamento della Santo Stefano, piuttosto che assistere a ciò che oggi
vedo in tutte le piazze italiane."
"Ma tu non morirai mai" , rispose Paolucci. " Perché tu sei la storia
della Marina Militare di questi ultimi trent'anni e la storia non si
può cancellare con un tratto di gomma."
Rizzo morì solo, in silenzio.
Non ebbe cedimenti, debolezze, non emise neppure un lamento.
Morì così com'era vissuto, due mesi dopo aver subito l'operazione.
Era l'inizio dell'estate del 1951 ed erano passati 33 anni dalla mitica
impresa di Premuda .
Il profumo delle zagare si spandeva prepotente nella campagna di Milazzo e
lui , l'eroe dei Mas, aveva da poco compiuto 64 anni.
Augusto Benemeglio
DI AUGUSTO BENEMEGLIO
Solo Milazzo, sua città natale, si è ricordata di lui e lo ha
celebrato nel 85° anniversario dall'impresa di Premuda . Parliamo di
Luigi Rizzo, l' eroe dei Mas, che segnò una vera e propria epopea
nel ventennio fascista , e a cui rimane legata indissolubilmente la
"Festa della Marina " che trae origine proprio dal ricordo della
straordinaria impresa da lui compiuta nelle acque di Premuda il 10
giugno 1918, da me rievocata in un'opera drammatizzata , " L'affondamento
della Santo Stefano ", che è stata rappresentata presso molte delle
Associazioni dei Marinai d'Italia salentine nei primi anni '90.
Il Comandante Rizzo e i suoi uomini , tra cui il marinaio leccese
Francesco Bagnato e il gallipolino Umberto Biancamano , riuscirono ,
con il piccolo mitico Mas 15
( è conservato al Museo Storico del Risorgimento di Piazza Venezia , al
Vittoriano ) ad affondare la grande corazzata "Szent Istvan ",
vanto e orgoglio della Marina austriaca . Fu una delle più belle e
ardimentose imprese che siano state compiute sul mare nel conflitto 1915-18
, un' azione leggendaria a cui s'inchinò perfino un grande e severo
marinaio come l'ammiraglio David Beatty , comandante in capo della Great
Fleet, che espresse le più vive e sentite congratulazione a Thaon di
Revel , ma ebbe anche una notevole importanza tattica e strategica poichè
stroncò sul nascere una pericolosa incursione della flotta austriaca
contro lo sbarramento del canale di Otranto e di fatto ribaltò la
situazione in Mediterraneo , dove fino allora la flotta austriaca aveva
avuto una chiara superiorità, lasciando all'Italia praticamente il totale
controllo dell'Adriatico, tant'è che le navi austriache non tentarono più
nessuna sortita offensiva fino al giorno della resa.
Chi era Luigi
Rizzo?
E' presto detto. Un siciliano di pelle scura, un siculo-berbero come ce ne
sono tanti in Sicilia ma anche qui nel Salento. Era un "tuareg" del mare,
perchè era nato sul mare e tutta la sua infanzia ne fu meravigliata.
Storie di mare gli raccontavano il padre e il fratello maggiore, entrambi
naviganti nella Marina Mercantile; storie di guerra gli raccontavano il
nonno, che combattè nel 1848 con i militi di Patria Risorgente, e lo zio,
che aveva seguito Garibaldi dopo lo sbarco dei Mille a Marsala. A soli otto
anni, Luigi aveva già fatto le sue scelte: la sua casa sarebbe stata la nave
dove si muoveva a suo agio più che su qualsiasi altro terreno. A diciotto
anni, conseguito il diploma presso l'Istituto Nautico di Messina, è già
navigante. A 23 anni è capitano e pilota del porto di Messina: opera
il salvataggio di un piroscafo che sta navigando nella tempesta. Gli viene
assegnata la sua prima medaglia d'oro, al valor civile. Altre, d'oro e
d'argento, ne seguiranno al valor militare.
Entrata in guerra l'Italia, il Tenente di Vascello Rizzo si mette subito in
evidenza, imponendosi rapidamente all'attenzione generale per sangue freddo,
perizia marinaresca, intraprendenza e sprezzo del pericolo. Gli viene
assegnato il comando della Sezione MAS di Grado e inizia una serie di
scorribande nel golfo di Trieste presidiato dagli austriaci.
Siamo sul volgere del 1917 e l'Italia versa in una situazione assai
difficile e delicata: Caporetto, con il nostro esercito in rotta, inoltre
due corazzate austriache , la "Wien" e la "Budapest" che da mesi
cannoneggiano sull'Isonzo e sul Piave, sia in appoggio delle truppe
imperiali, sia per mettere fuori combattimento le nostre batterie costiere
di Cortellazzo. Il morale delle truppe italiane è a terra, la situazione è
insostenibile. E' un momento assai delicato per le sorti della nostra
guerra. Anzi, la verità è che la guerra sembra ormai perduta. Bisogna far
qualcosa prima che sia troppo tardi, bisogna almeno far qualcosa per
eliminare l'azione assillante e insostenibile delle due corazzate
austriache, che sono entrambi ormeggiate nel porto di Trieste.
In questo momento assai delicato per le sorti della guerra, l'Ammiraglio
Thaon di Revel, Capo di Stato Maggiore della Marina, s'affida al "corsaro di
Milazzo". Sa che Rizzo è l'unico che può riuscire nell'impresa. E Rizzo non
lo delude; penetra nel porto di Trieste e riesce ad affondare la "Wien" ,
danneggiando , inoltre , seriamente la "Budapest". In quel tempo talmente
grande era la fama di Luigi Rizzo che gli austriaci fecero di tutto per
eliminarlo. Nella notte tra il 3 e il 4 aprile del 1918 un "commando" di
sessanta uomini, al Comando del Tenente di Vascello Joseph Weith, penetrò
nel porto di Ancona, dove nel frattempo Rizzo era stato trasferito, al solo
scopo di eliminare "il corsaro di Milazzo" e sabotare i suoi Mas. Ma la
spedizione fallì grazie all'eroico intervento di un finanziere, che riuscì a
dare l'allarme sacrificando la propria vita. Gli austriaci furono catturati
e Rizzo in persona interrogò gli Ufficiali ed esprimendo il proprio virile
apprezzamento per il coraggio dimostrato nell'impresa strinse loro la mano.
Erano davvero gesti d'altri tempi. Questo fatto accadde circa due mesi prima
dell'Affondamento della corazzata "Szent Istven" ( Santo Stefano) , che
rimane l'ultima e forse più grande impresa di Rizzo e di cui scrissi anni fa
una drammatizzazione che è stata più volte rappresentata nell'ambito delle
Associazioni Nazionali dei Marinai di Galatina, Gallipoli, Nardò, Taviano
ecc. ( "Il teatro - affermò Strehler - è uno slancio verso la giovinezza ,
è l'entusiasmo, il lampo che ci dà modo di fare i messaggeri d'amore.")
A guerra finita, Rizzo ebbe molti onori, celebrazioni, titoli. Venne
promosso Ammiraglio, nominato Conte di Grado, a lui furono dedicate molte
strade, vie, Piazze e perfino una diga. Ma per noi italiani , che siamo uno
strano popolo, Rizzo ebbe forse il torto di non essere morto sul campo di
battaglia, di non essere stato rapito in cielo dagli dei, ebbe il torto
soprattutto di rappresentare, certo non per sua colpa, l'emblema di un
regime. E ciò , con il mutare dei tempi e della fortuna ( la caduta del
regime) , il sopraggiungere della vecchiaia e delle malattie , non gli
poteva essere perdonato. Tant'è che nel 1949 è costretto a subire un
ridicolo processo di epurazione con l'accusa , risultata del tutto
infondata, di aver tratto profitto dal regime, e contestualmente viene
abolita la festa della Marina , perchè legata indissolubilmente all'azione
di Premuda e al suo nome ormai chiaramente declinante. Il vecchio eroe
finì per essere dimenticato e dovette assistere al trionfo dei
parolai pavidi , di coloro che salivano sui carri dei vincitori e
sbandieravano il tricolore senza mai aver imbracciato un fucile, né
mosso un dito per la Patria ; dovette assistere al trionfo dei
vigliacchi , dei parassiti , degli invidiosi , degli sciacalli che da
sempre tramano nell'ombra , dei vampiri che succhiano il sangue dei nobili
e dei coraggiosi lui , che era un eroe purissimo, e di questo soffrì
moltissimo, fino al punto da ammalarsi seriamente.
Gli fu diagnosticato un tumore ad un polmone. Decise di andare a Roma,
dov'era il professore Raffaele Paolucci, altro eroe della prima guerra
mondiale che era diventato medico di fama europea. Paolucci, amicissimo di
Rizzo con cui si esprimeva spesso in dialetto romanesco, dopo averlo
visitato e avergli confermato la diagnosi, gli disse: "A Giggi, te lo devo
proprio da ddì. La cosa è grave assai. Bisogna asporta' subbito er
pormone prima che sia troppo tardi."
Rizzo gli rispose: " Raffaè, fai quello che devi fare: meglio morire una
volta per tutte che questo lento e penoso morire di ogni giorno. Qualcuno
mi rimprovera di non essere morto sul campo di battaglia , ma è proprio lì
che io avrei preferito morire , sul mio MAS, magari subito dopo
l'affondamento della Santo Stefano, piuttosto che assistere a ciò che oggi
vedo in tutte le piazze italiane."
"Ma tu non morirai mai" , rispose Paolucci. " Perché tu sei la storia
della Marina Militare di questi ultimi trent'anni e la storia non si
può cancellare con un tratto di gomma."
Rizzo morì solo, in silenzio.
Non ebbe cedimenti, debolezze, non emise neppure un lamento.
Morì così com'era vissuto, due mesi dopo aver subito l'operazione.
Era l'inizio dell'estate del 1951 ed erano passati 33 anni dalla mitica
impresa di Premuda .
Il profumo delle zagare si spandeva prepotente nella campagna di Milazzo e
lui , l'eroe dei Mas, aveva da poco compiuto 64 anni.
Augusto Benemeglio