Giovanni Morrone
2005-06-27 10:38:07 UTC
L'organizzazione centuriata (avente rilievo innanzi tutto militare,
poi civile) introdotta da Servio Tullio nella Roma monarchica,
prevedeva la divisione della cittadinanza in cinque classi le quali
fornivano un numero variabile di centurie all'esercito romano, apporto
tanto maggiore quanto maggiore ere il censo richiesto al singolo
soggetto (o meglio alla famiglia proprio iure di questo) per
accedervi.
Orbene: non riesco a capire in che cosa consistesse in realtà questo
"censo". Se esso cioè potesse essere in qualche modo riferibile al
moderno concetto di reddito (cioè la ricchezza prodotta da una serie
di attività - financo da rendite patrimoniali - che oggi viene
calcolata attualmente) o solo dall'ammontare delle immobilizzazioni
patrimoniali (indipendentemente dalla attitudine astratta o concreta
di produrre ricchezza).
Sul vocabolario Treccani leggo questa definizione di "censo" (la
riporto completamente, anche se chiaramente mi interessa solo il
periodo di genesi del rilievo, nell'ordinamento romano, di questo
fenomeno).
cènso s. m. [dal lat. census -us, der. di censere: v. censire]. -
1. In Roma antica, la compilazione delle liste dei cittadini e la
registrazione dei loro averi, operazioni affidate a magistrati
speciali detti censori. Più tardi, e fino ai tempi moderni, il termine
passò a significare il catasto, e anche il complesso dei beni
posseduti, il patrimonio individuale o familiare, il reddito del
patrimonio, e quindi l'imposta a cui il reddito era soggetto: le
famiglie più illustri del luogo per nobiltà e per censo; conservare il
c. avito; classi di cittadini distinte in base al c.; pagare il c.
allo stato. Nel sec. 19° significò più in partic. la quota d'imposta
annua il cui pagamento dava diritto ad essere elettori o eleggibili;
nel regno sardo e poi nel regno d'Italia furono senatori per c. gli
eletti nella categoria (fra le 21 prescritte per la nomina a senatore)
di coloro che pagavano da almeno tre anni tremila lire l'anno
d'imposte dirette.
2. Nella legislazione e nella dottrina medievale, denominazione
generica delle prestazioni legate a un immobile sul quale il creditore
del censo non aveva diritti. In partic.: c. livellare, somma annua che
si pagava al domino diretto di un fondo o di un fabbricato per goderne
l'uso; c. riservativo, prestazione annua che il proprietario di un
immobile si riservava nel momento in cui trasferiva la proprietà
dell'immobile stesso; c. consegnativo o bollare, consistente in una
rendita annua, in denaro o in derrate, gravante sopra un immobile, e
data come corrispettivo di un capitale versato al debitore della
rendita.
3. Nome di varî tributi feudali: c. della marineria, imposto da
Federico II di Sicilia per assicurare la fornitura di legname alla
flotta; c. del sale, ecc.; per estens., nel medioevo e nell'età
moderna, anche la rendita dei denari prestati volontariamente al
comune, alla signoria, ecc. e lo stesso debito pubblico.
Chi ne sa qualcosa di più ?
poi civile) introdotta da Servio Tullio nella Roma monarchica,
prevedeva la divisione della cittadinanza in cinque classi le quali
fornivano un numero variabile di centurie all'esercito romano, apporto
tanto maggiore quanto maggiore ere il censo richiesto al singolo
soggetto (o meglio alla famiglia proprio iure di questo) per
accedervi.
Orbene: non riesco a capire in che cosa consistesse in realtà questo
"censo". Se esso cioè potesse essere in qualche modo riferibile al
moderno concetto di reddito (cioè la ricchezza prodotta da una serie
di attività - financo da rendite patrimoniali - che oggi viene
calcolata attualmente) o solo dall'ammontare delle immobilizzazioni
patrimoniali (indipendentemente dalla attitudine astratta o concreta
di produrre ricchezza).
Sul vocabolario Treccani leggo questa definizione di "censo" (la
riporto completamente, anche se chiaramente mi interessa solo il
periodo di genesi del rilievo, nell'ordinamento romano, di questo
fenomeno).
cènso s. m. [dal lat. census -us, der. di censere: v. censire]. -
1. In Roma antica, la compilazione delle liste dei cittadini e la
registrazione dei loro averi, operazioni affidate a magistrati
speciali detti censori. Più tardi, e fino ai tempi moderni, il termine
passò a significare il catasto, e anche il complesso dei beni
posseduti, il patrimonio individuale o familiare, il reddito del
patrimonio, e quindi l'imposta a cui il reddito era soggetto: le
famiglie più illustri del luogo per nobiltà e per censo; conservare il
c. avito; classi di cittadini distinte in base al c.; pagare il c.
allo stato. Nel sec. 19° significò più in partic. la quota d'imposta
annua il cui pagamento dava diritto ad essere elettori o eleggibili;
nel regno sardo e poi nel regno d'Italia furono senatori per c. gli
eletti nella categoria (fra le 21 prescritte per la nomina a senatore)
di coloro che pagavano da almeno tre anni tremila lire l'anno
d'imposte dirette.
2. Nella legislazione e nella dottrina medievale, denominazione
generica delle prestazioni legate a un immobile sul quale il creditore
del censo non aveva diritti. In partic.: c. livellare, somma annua che
si pagava al domino diretto di un fondo o di un fabbricato per goderne
l'uso; c. riservativo, prestazione annua che il proprietario di un
immobile si riservava nel momento in cui trasferiva la proprietà
dell'immobile stesso; c. consegnativo o bollare, consistente in una
rendita annua, in denaro o in derrate, gravante sopra un immobile, e
data come corrispettivo di un capitale versato al debitore della
rendita.
3. Nome di varî tributi feudali: c. della marineria, imposto da
Federico II di Sicilia per assicurare la fornitura di legname alla
flotta; c. del sale, ecc.; per estens., nel medioevo e nell'età
moderna, anche la rendita dei denari prestati volontariamente al
comune, alla signoria, ecc. e lo stesso debito pubblico.
Chi ne sa qualcosa di più ?