d***@live.it
2019-05-06 09:44:03 UTC
Tempo fa, venendomi alla mente un episodio di cui serbavo un minimo ricordo, non per averlo vissuto, ma per averlo sentito raccontare, non ricordo da chi ne in quale circostanza ma certamente un familiare presente in città all'epoca, ho fatto qualche ricerca su Google arrivando ad imbattermi in un forum (TermometroPolitico) in un pezzo (che qui riproduco) che si soffermava su quell'episodio di cui non avevo mai più sentito parlare né trovato traccia.
Si trattava di un episodio della IIGM quando alle ore 6.30 del 10 ottobre 1944 Genova fu squassata da una terribile esplosione.
La forza della detonazione ruppe vetri in tutta la città.
L'esplosione aveva devastato la zona del quartiere di San Benigno e parte del vicino porto.
L'esplosione era avvenuta nella galleria Passo Nuovo, una galleria ferroviaria che attraversava il Promontorio di Capo Faro, davanti alla Lanterna (1). Il suddetto tunnel, passante sotto il quartiere popolare di San Benigno, era stato adibito a rifugio antiaereo e a deposito di munizioni (2).
(1) La Lanterna è il faro antico all'imboccatura del porto di Genova.
(2) Questa doppia funzione è facilmente spiegabile. La sua profondità la rendeva inattaccabile dalle bombe degli aerei. E per chi è terrorizzato dalla parola esplosivi, i luoghi addetti al deposito delle munizioni sono normalmente sicuri, dato che questi materiali, negli eserciti regolari, sono stivati seguendo delle procedure di sicurezza rigorose. Ben più pericolose sono le fabbriche di esplosivi, le quali necessariamente devono lavorare con materiali non stabilizzati. Quindi, quando un deposito di munizioni (di una certa dimensione e gestito da un esercito regolare) esplode, è più facile si tratti di un'azione esterna che di qualcosa che abbia a che fare con autocombustioni o corti circuiti...
La città era in allarme aereo, ma gli aerei alleati erano solo di passaggio, e non avevano sganciato bombe. Inoltre si era scatenato un temporale, e la maggior parte dei civili nei rifugi aveva deciso di non rientrare a casa.
Quella notte, la santabarbara era esplosa ed aveva spazzato la zona portuale, danneggiando le installazioni e affondando 3 piccole navi da guerra (3), e uccidendo circa 200 (4) soldati tedeschi.
(3) Data la scarsa presenza della Kriegmarine in Italia, dovevano essere motosiluranti o comunque navi di piccola stazza.
(4) Non è molto chiaro dove fossero e cosa facessero questi soldati durante un allarme aereo. Sembra un cifra ipotetica.
Questo per quanto riguarda la parte militare. Ma il rifugio era pieno di gente, e il crollo della galleria aveva coinvolto una parte del quartiere di San Benigno.
Il numero di vittime non è mai stato calcolato con esattezza. Si suppone tra 1000 o 2000 il numero delle vite distrutte dall'esplosione. Famiglie intere scomparvero. Scavando nelle macerie, i soccorritori riuscirono a salvare 148 persone.
La successiva inchiesta della G.N.R. (5) sul disastro non giunse a conclusioni certe, ma ipotizzò che un fulmine avesse innescato l'esplosione, facendo detonare delle cariche poste all'imbocco (?) e causando per simpatia l'esplosione di un treno di munizioni in parcheggio nella galleria.
(5) Guardia Nazionale Repubblicana, la polizia della RSI.
Questa era l'unica spiegazione plausibile per un evento improbabile, senza prendere in considerazione un attentato. Del resto, appariva inspiegabile un atto così crudele verso la popolazione civile.
Cominciarono però a diffondersi strane voci sull'esplosione, cioè che fosse stata causata dai fascisti per punire un quartiere a maggioranza operaio...si diffuse anche la voce contraria, cioè di un sabotaggio partigiano.
Il giornale Italia Combatte del 24 ottobre 1944 (6) conteneva un articolo comprendente le seguenti parole:
I patrioti hanno fatto saltare a Genova, il 10 ottobre, nella galleria presso “La Lanterna”, un deposito che conteneva una ingente quantità di esplosivi destinati dai tedeschi alla distruzione delle gallerie Calata Molo Nuovo e Calata della Sanità. Danni si sono pure verificati in altre due gallerie più distanti. Tre piccole navi da guerra sono state affondate: alcune navi di scorta danneggiate. Circa duecento tedeschi sono rimasti uccisi. I lavori di riparazione del porto sono ancora in corso.
(6) Pubblicazione stampata nel sud occupato dagli alleati e distribuita con i lanci di rifornimenti ai partigiani .
Un rapporto segreto dell'OSS (7), diffuso il 23 novembre 1944, riguardante i sabotaggi effettuati in Italia il mese precedente ,riportava:”L’esplosione della Galleria Robairone (8) in Genova ha causato 2.000 morti, in parte personale militare”.
(7) Office of Strategic Service ufficio servizi strategici, i servizi segreti americani nella seconda guerra mondiale.
(8) Si tratta di un errore. La galleria si chiama Romairone ed era un'altra galleria ferroviaria della zona.
Nel marzo 1945 un foglio ciclostilato clandestino chiamato Il ribelle (9) conteneva questo comunicato:
(9) Questo giornale clandestino era l'organo della divisione partigiana Mingo (operante nelle montagne attorno a Genova) e il redattore era Don Berto (Bartolomeo) Ferrari, futuro scrittore, sacerdote cappellano di una formazione quasi per intero comunista. Stranamente dal secondo numero, questa pubblicazione cambiò nome in il Patriota .
10 ottobre 1944. In obbedienza agli ordini emanati dal Comando Supremo Alleato su nostra segnalazione, partigiani al comando di un noto audacissimo Capo, approfittando intelligentemente di un violento temporale, si sono introdotti di buon mattino nella galleria di San Benigno, a Genova che risultava da tempo adibita a deposito di materiali esplosivi, certo destinati a provocare altre distruzioni nel porto. Mediante impiego di un congegno a orologeria veniva provocata l'esplosione di detta galleria con quanto in essa contenuto. I nostri partigiani, ritardando convenientemente l'esplosione potevano mettersi in salvo senza venire travolti dal crollo generale .
…Il tempo passò, e la guerra finì
A Genova, la sera del 22 febbraio 1946 un uomo, Cornelio Restani (11), venne colpito da 19 proiettili di arma automatica nella zona di Collina Granarolo. I tre attentatori fuggirono senza assicurarsi del decesso del bersaglio, spaventati dalle urla di una donna che si trovava sul luogo.
(11) Il signor Restani era un assiduo frequentatore delle patrie galere. Dal 1929 al 1936 aveva scontato 4 condanne per furto. Nel 1937 era stato condannato a 18 anni per rapina e associazione a delinquere. All'inizio del 1945 era evaso dal carcere di Volterra.
Nonostante le gravi ferite, Restani sopravvisse. In ospedale, quando fu in grado di parlare, rese manifesta la sua intenzione di collaborare per punire i suoi mancati assassini.
La legge si mise in moto , e i tre indicati da Restani come gli attentatori, Lorenzo Rovegno, Costantino Sanna, Angelo Barigione furono arrestati. Fu istituito il processo, che iniziò il 17 giugno 1949.
Gli attentatori affermarono che volevano punire il Restani perché, con la sua condotta aveva infangato le SAP a cui tutti appartenevano. La stampa di sinistra promulgò la tesi di una semplice lite di deviazionisti (?) sulla spartizione delle refurtive.
Nella sua deposizione Restani accusò gli altri e se stesso di far parte della Banda del Lagaccio (12), un gruppo di delinquenti comuni che si erano macchiati di un numero considerevole di assassinii (109 omicidi ) e altri crimini e rapine, ma nonostante questo, facenti parte integrante della resistenza genovese ( In fase processuale furono esibiti dei documenti, dimostranti che Restanti e Co. erano realmente dei partigiani, inseriti nelle Squadre Azione Patriottica (SAP) ).
(12) Il Legaccio è un quartiere di Genova.
La spiegazione del Restani per il suo attentato era diversa dalla storia della lite tra ladri. Egli affermava che doveva essere ucciso per quello che sapeva sull'esplosione della galleria di San Benigno. Nella sua testimonianza, affermava che lui stesso e un altro della banda, pochi giorni dopo la fine della guerra, ricevettero direttamente da Gennaro Giglio (detto Tritolo), dirigente della sezione Lo Giudice del PCI, l'ordine di uccidere il partigiano Mario Buzzo, ufficialmente perché il detto Buzzo era diventato un criminale comune.
Raggiunto il domicilio del Buzzo, il dubbio che ci fossero altri motivi oltre quelli spiegati, indusse i due a parlare con lo stesso prima di intraprendere qualsiasi azione. Il Buzzo spiegò che il Partito voleva tappargli la bocca a causa del disastro della galleria. Questo raccontò il Buzzo nella deposizione di Restani.
All'inizio dell'ottobre del 1944 a Buzzo e al partigiano Lazzaro Bocconi fu ordinato di far saltare in aria il deposito di esplosivi contenuto nella galleria di San Benigno. Il piano verteva sull'infiltrazione dei sabotatori (Buzzo e Bocconi) mescolati alla folla dei rifugiati durante un allarme aereo. I due avrebbero piazzato le cariche a ridosso del deposito di esplosivo (situato dalla parte opposta all'entrata del rifugio), per poi fuggire da una uscita laterale, trascinandosi dietro le micce. A una certa ora, una seconda squadra di partigiani si sarebbe recata all'imbocco della galleria, e avrebbe fatto fuggire i civili. A questo punto, avrebbero lanciato un razzo come segnale per i sabotatori di accendere le micce.
Nella notte dell'azione, la seconda parte del piano andò storta. La seconda squadra di partigiani arrivò, ma non avvisò i civili e sparò lo stesso il razzo, rimanendo essa stessa vittima dell'esplosione (13).
(13) Il Buzzo affermò al Restacci che i componenti della seconda squadra erano ubriachi.
La diffusione dei fatti sui risultati di un'azione del genere avrebbe messo in cattiva luce (addirittura!) la Resistenza e il PCI , e successivamente i dirigenti locali ordinarono al Buzzo di mettere a tacere il Bocconi, considerato poco affidabile.
Buzzo confidò di aver freddato Bocconi con una raffica alle spalle, il 24 aprile 1945, durante gli ultimi combattimenti in città. Però, dopo la fine della guerra, Buzzo cominciò a ricattare il Partito, e di conseguenza fu decisa la sua eliminazione.
I due esecutori (Restani e l'anonimo componente della banda) decisero di non ucciderlo, e riferirono di non averlo trovato. Adesso però il segreto era svelato, e qualcun’altro parlò.
Fu ucciso un appartenente della banda, Niccolò Arena, accusato di essere una spia fascista (dopo il 25 Aprile, questa accusa aveva poco senso).
Ci fu l'attentato a Restani, e il 23 Maggio 1946 Mario Buzzo fu prelevato dalla sua casa, per poi essere trovato morto tre giorni dopo.
Questa fu la testimonianza di Cornelio Restani al processo, la quale, ovviamente, suscitò un certo scalpore.
Il processo era però finalizzato a appurare le motivazioni e le responsabilità del tentato omicidio di Restani, non a far luce sulla Strage, e si risolse nella condanna a pene detentive di tutti gli imputati, compreso Restani come reo confesso.
Alla fine del dibattimento, il pubblico ministero dichiarò di voler continuare le indagini sulla Strage a partire dalla confessione di Restani, ma a questa affermazione non seguì nessuna indagine o procedimento.
Le porte del carcere si chiusero dietro questi soggetti, ma si riaprirono per l'amnistia del 19 Dicembre 1953 (14).
(14) Fu la più vasta amnistia della storia della Repubblica. In essa tutti gli ergastoli per ragioni dette politiche venivano ridotti a 10 anni di galera. Il provvedimento riguardava i crimini commessi dal 8 settembre 1943 e il 18 giugno 1946.... sembra proprio un'amnistia tagliata su misura per i partigiani che si fossero fatti beccare sul fatto, dato che di quella precedente del 22 Giugno 1946, detta anche amnistia Togliatti, ne beneficiarono le persone compromesse con la RSI... da notare che gli storici tendono a ricordare con particolare malanimo solo la precedente amnistia…
Ci sono altri cose poco chiare nella fase processuale. Dato che il tentato omicidio sembrava essere stato commissionato, perché la procura non chiamò a testimoniare il comandante “Tritolo”, o qualche altro dirigente della resistenza genovese?
E ancora, se la versione di Restani sull'esplosione era una calunnia, perché non c'è mai stata una querela o nemmeno una smentita ufficiale dal PCI o dalle associazioni dei partigiani all'epoca del processo?
Perché il pubblico ministero non iniziò indagini serie e approfondite sulla strage (15)?
(15) Questo atteggiamento incomprensibile da parte della magistratura continua tutt'oggi.
Perchè il processo Restani fu rapidamente o frettolosamente coperto dall'oblio?
Perchè i custodi della leggenda partigiana non hanno mai promosso delle ricerche atte a dissipare questa macchia sull'onore della Resistenza (16) ma hanno sempre e solo denigrato e zittito chi cercava una spiegazione diversa da un evento improbabile?
(16) La storia ufficiale ha rinchiuso queste duemila vittime in un paio di righe a fine pagina.
Prendendo per attendibile quanto riportato dal processo Restani, dal rapporto dell'OSS, e dalle pubblicazioni partigiane del periodo, si deduce che l’esplosione nella galleria fu causata da un attentato partigiano, cioè, teoricamente, un atto di guerra contro i tedeschi occupanti.
E' indubbio che la distruzione di un deposito di munizioni nemico era, ed è, un obbiettivo pagante da un punto di vista militare. Appurato questo, sorgono molti dubbi sulla pianificazione e l'esecuzione. Sembra che la strage di civili sia stata causata da un incidente. Ma questo incidente non avrebbe potuto essere evitato con una migliore programmazione, ovviamente dando credito alla non intenzionalità della strage?
Non si sarebbe potuto stabilire una procedura atta a impedire qualsiasi danno ai civili rifugiati?
Anche se il rifugio fosse stato vuoto, l'esplosione avrebbe comunque causato delle vittime innocenti, dato che la detonazione fece crollare parte della galleria e gli edifici soprastanti (17).
(17) Non è possibile stabilire quante vite si sarebbero perse in questo caso. Si suppose che negli edifici crollati vivessero 75 nuclei famigliari.
L'impressione obbiettiva è che, se l'esplosione della galleria fu dovuta a un sabotaggio, ci fu una criminale sottovalutazione dei cosiddetti danni collaterali, causati dall'esplosione di un deposito di munizioni improvvisato in una zona densamente abitata.
E questo porta immediatamente a un altro pensiero.
Il compito di un soldato è di proteggere e difendere la popolazione del proprio paese, anche distruggendo i nemici. I civili del paese nemico fanno parte dell’apparato produttivo che sostiene le forze armate, quindi possono essere degli obiettivi militari, se non leciti, perlomeno comprensibili.
Quindi, se i sabotatori fossero stati inglesi o americani, l’esplosione della galleria sarebbe stato un semplice atto di guerra, per quanto sanguinoso.
Ma i sabotatori erano italiani.
In pratica, per uccidere 200 tedeschi, degli italiani hanno ucciso 2000 italiani (18).
(18) Questi numeri sono un tripudio di Humor macabro. Se il comando tedesco avesse applicato una rappresaglia, a questi 200 morti tedeschi sarebbero corrisposti 2000 ostaggi italiani… Inoltre, caso più unico che raro, i partigiani italiani testimoniarono a favore del comandante nazista di Genova (…) al processo di Norinberga, riuscendone a ottenere l’assoluzione (?).
Quindi, se si vuole considerare i partigiani comunisti di Genova una forza combattente italiana (19), essi hanno ucciso quelli che dovevano primariamente proteggere….
(19) Per il diritto internazionale, i combattenti devono indossare una divisa che li distingue dalla popolazione civile. Chi non si distingue dalla popolazione civile non può avvalersi delle leggi di guerra, in quanto considerato un bandito armato. Dopo la guerra, tutti i partigiani furono considerati appartenenti all'esercito. E si ripopone il problema. Quale esercito uccide chi dovrebbe proteggere? .
L'atteggiamento della amministrazione locale di Genova (comune e provincia infeudata dai comunisti) è ambiguo da 50 anni.
Sulle macerie delle case era stata posta una Croce dalla popolazione. Questa Croce fu tolta.
Ai morti nella catastrofe, non è mai stato dedicato un monumento o qualcosa che ne celebri la memoria e neppure una cerimonia ufficiale. Senza parlare della retorica delle targhe poste a ogni angolo di strada dove cadde ucciso un partigiano (che sono regolarmente ornate di alloro a ogni 25 aprile) ed esistono anche monumenti alle vittime dei bombardamenti alleati. Perché questi particolari morti non devono essere ricordati e onorati?
Solo nel 1999 è stata posata una targa con questa dicitura: “Vittime della galleria di San Benigno 10/10/1944” che come si può vedere, non vuol dire nulla (20).
(20) Morti inutili? Morti che non servono alla Historia Oficial?.
Perché sono tutti gli italiani conoscono le fosse Ardeatine, la strage di Marzabotto, la strage di S'Anna di Stazzema , e quasi nessuno che non viva a Genova sa che qualcosa è successo il 10 ottobre 1944?
Tempo dopo trovai questo:
https://genovaquotidiana.com/2015/11/15/1944-la-tragedia-di-s-benigno-2000-vittime-dimenticate-e-unombra-sinistra/
Qualcuno sa suggerirmi altre fonti o resoconti che parlino di quanto successo?
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Si trattava di un episodio della IIGM quando alle ore 6.30 del 10 ottobre 1944 Genova fu squassata da una terribile esplosione.
La forza della detonazione ruppe vetri in tutta la città.
L'esplosione aveva devastato la zona del quartiere di San Benigno e parte del vicino porto.
L'esplosione era avvenuta nella galleria Passo Nuovo, una galleria ferroviaria che attraversava il Promontorio di Capo Faro, davanti alla Lanterna (1). Il suddetto tunnel, passante sotto il quartiere popolare di San Benigno, era stato adibito a rifugio antiaereo e a deposito di munizioni (2).
(1) La Lanterna è il faro antico all'imboccatura del porto di Genova.
(2) Questa doppia funzione è facilmente spiegabile. La sua profondità la rendeva inattaccabile dalle bombe degli aerei. E per chi è terrorizzato dalla parola esplosivi, i luoghi addetti al deposito delle munizioni sono normalmente sicuri, dato che questi materiali, negli eserciti regolari, sono stivati seguendo delle procedure di sicurezza rigorose. Ben più pericolose sono le fabbriche di esplosivi, le quali necessariamente devono lavorare con materiali non stabilizzati. Quindi, quando un deposito di munizioni (di una certa dimensione e gestito da un esercito regolare) esplode, è più facile si tratti di un'azione esterna che di qualcosa che abbia a che fare con autocombustioni o corti circuiti...
La città era in allarme aereo, ma gli aerei alleati erano solo di passaggio, e non avevano sganciato bombe. Inoltre si era scatenato un temporale, e la maggior parte dei civili nei rifugi aveva deciso di non rientrare a casa.
Quella notte, la santabarbara era esplosa ed aveva spazzato la zona portuale, danneggiando le installazioni e affondando 3 piccole navi da guerra (3), e uccidendo circa 200 (4) soldati tedeschi.
(3) Data la scarsa presenza della Kriegmarine in Italia, dovevano essere motosiluranti o comunque navi di piccola stazza.
(4) Non è molto chiaro dove fossero e cosa facessero questi soldati durante un allarme aereo. Sembra un cifra ipotetica.
Questo per quanto riguarda la parte militare. Ma il rifugio era pieno di gente, e il crollo della galleria aveva coinvolto una parte del quartiere di San Benigno.
Il numero di vittime non è mai stato calcolato con esattezza. Si suppone tra 1000 o 2000 il numero delle vite distrutte dall'esplosione. Famiglie intere scomparvero. Scavando nelle macerie, i soccorritori riuscirono a salvare 148 persone.
La successiva inchiesta della G.N.R. (5) sul disastro non giunse a conclusioni certe, ma ipotizzò che un fulmine avesse innescato l'esplosione, facendo detonare delle cariche poste all'imbocco (?) e causando per simpatia l'esplosione di un treno di munizioni in parcheggio nella galleria.
(5) Guardia Nazionale Repubblicana, la polizia della RSI.
Questa era l'unica spiegazione plausibile per un evento improbabile, senza prendere in considerazione un attentato. Del resto, appariva inspiegabile un atto così crudele verso la popolazione civile.
Cominciarono però a diffondersi strane voci sull'esplosione, cioè che fosse stata causata dai fascisti per punire un quartiere a maggioranza operaio...si diffuse anche la voce contraria, cioè di un sabotaggio partigiano.
Il giornale Italia Combatte del 24 ottobre 1944 (6) conteneva un articolo comprendente le seguenti parole:
I patrioti hanno fatto saltare a Genova, il 10 ottobre, nella galleria presso “La Lanterna”, un deposito che conteneva una ingente quantità di esplosivi destinati dai tedeschi alla distruzione delle gallerie Calata Molo Nuovo e Calata della Sanità. Danni si sono pure verificati in altre due gallerie più distanti. Tre piccole navi da guerra sono state affondate: alcune navi di scorta danneggiate. Circa duecento tedeschi sono rimasti uccisi. I lavori di riparazione del porto sono ancora in corso.
(6) Pubblicazione stampata nel sud occupato dagli alleati e distribuita con i lanci di rifornimenti ai partigiani .
Un rapporto segreto dell'OSS (7), diffuso il 23 novembre 1944, riguardante i sabotaggi effettuati in Italia il mese precedente ,riportava:”L’esplosione della Galleria Robairone (8) in Genova ha causato 2.000 morti, in parte personale militare”.
(7) Office of Strategic Service ufficio servizi strategici, i servizi segreti americani nella seconda guerra mondiale.
(8) Si tratta di un errore. La galleria si chiama Romairone ed era un'altra galleria ferroviaria della zona.
Nel marzo 1945 un foglio ciclostilato clandestino chiamato Il ribelle (9) conteneva questo comunicato:
(9) Questo giornale clandestino era l'organo della divisione partigiana Mingo (operante nelle montagne attorno a Genova) e il redattore era Don Berto (Bartolomeo) Ferrari, futuro scrittore, sacerdote cappellano di una formazione quasi per intero comunista. Stranamente dal secondo numero, questa pubblicazione cambiò nome in il Patriota .
10 ottobre 1944. In obbedienza agli ordini emanati dal Comando Supremo Alleato su nostra segnalazione, partigiani al comando di un noto audacissimo Capo, approfittando intelligentemente di un violento temporale, si sono introdotti di buon mattino nella galleria di San Benigno, a Genova che risultava da tempo adibita a deposito di materiali esplosivi, certo destinati a provocare altre distruzioni nel porto. Mediante impiego di un congegno a orologeria veniva provocata l'esplosione di detta galleria con quanto in essa contenuto. I nostri partigiani, ritardando convenientemente l'esplosione potevano mettersi in salvo senza venire travolti dal crollo generale .
…Il tempo passò, e la guerra finì
A Genova, la sera del 22 febbraio 1946 un uomo, Cornelio Restani (11), venne colpito da 19 proiettili di arma automatica nella zona di Collina Granarolo. I tre attentatori fuggirono senza assicurarsi del decesso del bersaglio, spaventati dalle urla di una donna che si trovava sul luogo.
(11) Il signor Restani era un assiduo frequentatore delle patrie galere. Dal 1929 al 1936 aveva scontato 4 condanne per furto. Nel 1937 era stato condannato a 18 anni per rapina e associazione a delinquere. All'inizio del 1945 era evaso dal carcere di Volterra.
Nonostante le gravi ferite, Restani sopravvisse. In ospedale, quando fu in grado di parlare, rese manifesta la sua intenzione di collaborare per punire i suoi mancati assassini.
La legge si mise in moto , e i tre indicati da Restani come gli attentatori, Lorenzo Rovegno, Costantino Sanna, Angelo Barigione furono arrestati. Fu istituito il processo, che iniziò il 17 giugno 1949.
Gli attentatori affermarono che volevano punire il Restani perché, con la sua condotta aveva infangato le SAP a cui tutti appartenevano. La stampa di sinistra promulgò la tesi di una semplice lite di deviazionisti (?) sulla spartizione delle refurtive.
Nella sua deposizione Restani accusò gli altri e se stesso di far parte della Banda del Lagaccio (12), un gruppo di delinquenti comuni che si erano macchiati di un numero considerevole di assassinii (109 omicidi ) e altri crimini e rapine, ma nonostante questo, facenti parte integrante della resistenza genovese ( In fase processuale furono esibiti dei documenti, dimostranti che Restanti e Co. erano realmente dei partigiani, inseriti nelle Squadre Azione Patriottica (SAP) ).
(12) Il Legaccio è un quartiere di Genova.
La spiegazione del Restani per il suo attentato era diversa dalla storia della lite tra ladri. Egli affermava che doveva essere ucciso per quello che sapeva sull'esplosione della galleria di San Benigno. Nella sua testimonianza, affermava che lui stesso e un altro della banda, pochi giorni dopo la fine della guerra, ricevettero direttamente da Gennaro Giglio (detto Tritolo), dirigente della sezione Lo Giudice del PCI, l'ordine di uccidere il partigiano Mario Buzzo, ufficialmente perché il detto Buzzo era diventato un criminale comune.
Raggiunto il domicilio del Buzzo, il dubbio che ci fossero altri motivi oltre quelli spiegati, indusse i due a parlare con lo stesso prima di intraprendere qualsiasi azione. Il Buzzo spiegò che il Partito voleva tappargli la bocca a causa del disastro della galleria. Questo raccontò il Buzzo nella deposizione di Restani.
All'inizio dell'ottobre del 1944 a Buzzo e al partigiano Lazzaro Bocconi fu ordinato di far saltare in aria il deposito di esplosivi contenuto nella galleria di San Benigno. Il piano verteva sull'infiltrazione dei sabotatori (Buzzo e Bocconi) mescolati alla folla dei rifugiati durante un allarme aereo. I due avrebbero piazzato le cariche a ridosso del deposito di esplosivo (situato dalla parte opposta all'entrata del rifugio), per poi fuggire da una uscita laterale, trascinandosi dietro le micce. A una certa ora, una seconda squadra di partigiani si sarebbe recata all'imbocco della galleria, e avrebbe fatto fuggire i civili. A questo punto, avrebbero lanciato un razzo come segnale per i sabotatori di accendere le micce.
Nella notte dell'azione, la seconda parte del piano andò storta. La seconda squadra di partigiani arrivò, ma non avvisò i civili e sparò lo stesso il razzo, rimanendo essa stessa vittima dell'esplosione (13).
(13) Il Buzzo affermò al Restacci che i componenti della seconda squadra erano ubriachi.
La diffusione dei fatti sui risultati di un'azione del genere avrebbe messo in cattiva luce (addirittura!) la Resistenza e il PCI , e successivamente i dirigenti locali ordinarono al Buzzo di mettere a tacere il Bocconi, considerato poco affidabile.
Buzzo confidò di aver freddato Bocconi con una raffica alle spalle, il 24 aprile 1945, durante gli ultimi combattimenti in città. Però, dopo la fine della guerra, Buzzo cominciò a ricattare il Partito, e di conseguenza fu decisa la sua eliminazione.
I due esecutori (Restani e l'anonimo componente della banda) decisero di non ucciderlo, e riferirono di non averlo trovato. Adesso però il segreto era svelato, e qualcun’altro parlò.
Fu ucciso un appartenente della banda, Niccolò Arena, accusato di essere una spia fascista (dopo il 25 Aprile, questa accusa aveva poco senso).
Ci fu l'attentato a Restani, e il 23 Maggio 1946 Mario Buzzo fu prelevato dalla sua casa, per poi essere trovato morto tre giorni dopo.
Questa fu la testimonianza di Cornelio Restani al processo, la quale, ovviamente, suscitò un certo scalpore.
Il processo era però finalizzato a appurare le motivazioni e le responsabilità del tentato omicidio di Restani, non a far luce sulla Strage, e si risolse nella condanna a pene detentive di tutti gli imputati, compreso Restani come reo confesso.
Alla fine del dibattimento, il pubblico ministero dichiarò di voler continuare le indagini sulla Strage a partire dalla confessione di Restani, ma a questa affermazione non seguì nessuna indagine o procedimento.
Le porte del carcere si chiusero dietro questi soggetti, ma si riaprirono per l'amnistia del 19 Dicembre 1953 (14).
(14) Fu la più vasta amnistia della storia della Repubblica. In essa tutti gli ergastoli per ragioni dette politiche venivano ridotti a 10 anni di galera. Il provvedimento riguardava i crimini commessi dal 8 settembre 1943 e il 18 giugno 1946.... sembra proprio un'amnistia tagliata su misura per i partigiani che si fossero fatti beccare sul fatto, dato che di quella precedente del 22 Giugno 1946, detta anche amnistia Togliatti, ne beneficiarono le persone compromesse con la RSI... da notare che gli storici tendono a ricordare con particolare malanimo solo la precedente amnistia…
Ci sono altri cose poco chiare nella fase processuale. Dato che il tentato omicidio sembrava essere stato commissionato, perché la procura non chiamò a testimoniare il comandante “Tritolo”, o qualche altro dirigente della resistenza genovese?
E ancora, se la versione di Restani sull'esplosione era una calunnia, perché non c'è mai stata una querela o nemmeno una smentita ufficiale dal PCI o dalle associazioni dei partigiani all'epoca del processo?
Perché il pubblico ministero non iniziò indagini serie e approfondite sulla strage (15)?
(15) Questo atteggiamento incomprensibile da parte della magistratura continua tutt'oggi.
Perchè il processo Restani fu rapidamente o frettolosamente coperto dall'oblio?
Perchè i custodi della leggenda partigiana non hanno mai promosso delle ricerche atte a dissipare questa macchia sull'onore della Resistenza (16) ma hanno sempre e solo denigrato e zittito chi cercava una spiegazione diversa da un evento improbabile?
(16) La storia ufficiale ha rinchiuso queste duemila vittime in un paio di righe a fine pagina.
Prendendo per attendibile quanto riportato dal processo Restani, dal rapporto dell'OSS, e dalle pubblicazioni partigiane del periodo, si deduce che l’esplosione nella galleria fu causata da un attentato partigiano, cioè, teoricamente, un atto di guerra contro i tedeschi occupanti.
E' indubbio che la distruzione di un deposito di munizioni nemico era, ed è, un obbiettivo pagante da un punto di vista militare. Appurato questo, sorgono molti dubbi sulla pianificazione e l'esecuzione. Sembra che la strage di civili sia stata causata da un incidente. Ma questo incidente non avrebbe potuto essere evitato con una migliore programmazione, ovviamente dando credito alla non intenzionalità della strage?
Non si sarebbe potuto stabilire una procedura atta a impedire qualsiasi danno ai civili rifugiati?
Anche se il rifugio fosse stato vuoto, l'esplosione avrebbe comunque causato delle vittime innocenti, dato che la detonazione fece crollare parte della galleria e gli edifici soprastanti (17).
(17) Non è possibile stabilire quante vite si sarebbero perse in questo caso. Si suppose che negli edifici crollati vivessero 75 nuclei famigliari.
L'impressione obbiettiva è che, se l'esplosione della galleria fu dovuta a un sabotaggio, ci fu una criminale sottovalutazione dei cosiddetti danni collaterali, causati dall'esplosione di un deposito di munizioni improvvisato in una zona densamente abitata.
E questo porta immediatamente a un altro pensiero.
Il compito di un soldato è di proteggere e difendere la popolazione del proprio paese, anche distruggendo i nemici. I civili del paese nemico fanno parte dell’apparato produttivo che sostiene le forze armate, quindi possono essere degli obiettivi militari, se non leciti, perlomeno comprensibili.
Quindi, se i sabotatori fossero stati inglesi o americani, l’esplosione della galleria sarebbe stato un semplice atto di guerra, per quanto sanguinoso.
Ma i sabotatori erano italiani.
In pratica, per uccidere 200 tedeschi, degli italiani hanno ucciso 2000 italiani (18).
(18) Questi numeri sono un tripudio di Humor macabro. Se il comando tedesco avesse applicato una rappresaglia, a questi 200 morti tedeschi sarebbero corrisposti 2000 ostaggi italiani… Inoltre, caso più unico che raro, i partigiani italiani testimoniarono a favore del comandante nazista di Genova (…) al processo di Norinberga, riuscendone a ottenere l’assoluzione (?).
Quindi, se si vuole considerare i partigiani comunisti di Genova una forza combattente italiana (19), essi hanno ucciso quelli che dovevano primariamente proteggere….
(19) Per il diritto internazionale, i combattenti devono indossare una divisa che li distingue dalla popolazione civile. Chi non si distingue dalla popolazione civile non può avvalersi delle leggi di guerra, in quanto considerato un bandito armato. Dopo la guerra, tutti i partigiani furono considerati appartenenti all'esercito. E si ripopone il problema. Quale esercito uccide chi dovrebbe proteggere? .
L'atteggiamento della amministrazione locale di Genova (comune e provincia infeudata dai comunisti) è ambiguo da 50 anni.
Sulle macerie delle case era stata posta una Croce dalla popolazione. Questa Croce fu tolta.
Ai morti nella catastrofe, non è mai stato dedicato un monumento o qualcosa che ne celebri la memoria e neppure una cerimonia ufficiale. Senza parlare della retorica delle targhe poste a ogni angolo di strada dove cadde ucciso un partigiano (che sono regolarmente ornate di alloro a ogni 25 aprile) ed esistono anche monumenti alle vittime dei bombardamenti alleati. Perché questi particolari morti non devono essere ricordati e onorati?
Solo nel 1999 è stata posata una targa con questa dicitura: “Vittime della galleria di San Benigno 10/10/1944” che come si può vedere, non vuol dire nulla (20).
(20) Morti inutili? Morti che non servono alla Historia Oficial?.
Perché sono tutti gli italiani conoscono le fosse Ardeatine, la strage di Marzabotto, la strage di S'Anna di Stazzema , e quasi nessuno che non viva a Genova sa che qualcosa è successo il 10 ottobre 1944?
Tempo dopo trovai questo:
https://genovaquotidiana.com/2015/11/15/1944-la-tragedia-di-s-benigno-2000-vittime-dimenticate-e-unombra-sinistra/
Qualcuno sa suggerirmi altre fonti o resoconti che parlino di quanto successo?
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